Doveva essere la giornata del secondo sì alla riforma Gelmini. Ma quella di ieri verrà ricordata soprattutto per la nuova escalation fatta registrare dalle proteste di studenti e ricercatori. Che dalle piazze e dai tetti delle facoltà si sono estese ai monumenti storici: il Colosseo, la torre di Pisa, la Mole antonelliana. Mentre il voto sul ddl che riscrive le regole sul reclutamento e riforma la governance degli atenei è slittato a martedì 30 novembre.
A deciderlo è stata la conferenza dei capigruppo di Montecitorio che, nonostante la contrarietà della Lega, ha accolto la proposta in tal senso avanzata dal Pd. Non è riuscito dunque alla maggioranza lo sprint auspicato dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini e dalla relatrice Paola Frassinetti (Pdl). Complice una nuova spallata assestata dai finiani. In mattinata infatti il governo è andato sotto su un emendamento di Fabio Granata (Fli) che ha specificato come l'attuazione dell'articolo 16 del ddl, sull'abilitazione scientifica nazionale, debba avvenire a costo zero. La modifica ha incontrato il consenso di Pd e Udc ed è passata con con 282 sì, 261 no e tre astenuti. E anche se la titolare di viale Trastevere si è affrettata a definirlo un cambiamento di «scarso rilievo», il colpo si è fatto sentire. Tanto è vero che la diretta interessata ha subito aggiunto che «se il provvedimento verrà stravolto, il governo è pronto a ritirare il testo». Ripetendo in serata, ai microfoni del Tg1, che il provvedimento è «molto importante per combatter le baronie».
Da quel momento i lavori dell'assemblea sono proseguiti stancamente. Tra la soddisfazione del capogruppo democratico Dario Franceschini («ci sono i numeri per la sfiducia») e il timore neanche tanto strisciante dell'esecutivo di subire nuove imboscate, l'esame è arrivato all'articolo 18 (sui 25 dell'intero testo). Alla ripresa si ricomincerà da un emendamento anti-dinastie negli atenei presentato dall'Idv. Ieri è passato quello che chiude l'epoca dei rettori a vita: potranno restare in carica solo un mandato, per un massimo di sei anni.
Fuori dall'aula invece sono proseguite le proteste. A cominciare da Roma dove, a un sit-in davanti Montecitorio e a cortei improvvisati per le vie del centro e sul Lungotevere, è seguita l'"occupazione simbolica" del Colosseo. Decine di ragazzi sono entrati nell'anfiteatro Flavio e dal secondo anello hanno srotolato lo striscione: «Nessun taglio, nessun profitto».
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