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27 nov 2010

Fiducia, scontro Fini-Berlusconi


Il premier all'attacco sul Web:

«Chi non la vota è un traditore»
La replica: «Basta propaganda»

ROM
Il botta e risposta è serrato e per niente soft. Non se le mandano a dire Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. A poco più di due settimane dall'ormai fatidico 14 dicembre si scambiano accuse, reciproche, di tradimento. Comincia il premier che in mattinata, in un messaggio ai Promotori della Libertà, attacca: chi non voterà la fiducia «avrà tradito gli elettori e sarà segnato per tutta la vita dal marchio del tradimento e della slealtà». 

Ribatte il presidente della Camera nel pomeriggio da Lecce: «Solita propaganda di Berlusconi» e comunque, rincara, «il primo tradimento è stato da parte di chi diceva che il Pdl doveva essere un partito plurale, un partito dell'amore. Sono stato espulso dalla sera alla mattina perchè avevo espresso dei dubbi, perchè avevo espresso delle opinioni». 

E non è finita. Nel tardo pomeriggio, Berlusconi torna a battere sul punto intervenendo telefonicamente all'assemblea dell'Ad di Francesco Pionati: «Mi dicono che gli esponenti di Fli -dice il Cavaliere- si trovano in grave difficoltà. Si interrogano se portare un danno al Paese e macchiarsi del reato di tradimento e slealtà o essere leali» e quindi ostenta sicurezza in vista del voto: «Io ho una certa fiducia che alla fine al momento di prendere una decisione il 14 alcuni di quelli che per lealtà sono entrati tra i finiani, avranno ripensamenti prima di votare la sfiducia».Contrattacca Fini mettendo in guardia il premier: «Mi chiedo se Berlusconi non si renda conto che andando avanti così non otterrà la fiducia e non ci sarà nemmeno il ricorso alle urne perchè tanti parlamentari non vogliono andare al voto». 

Le bordate del Cavaliere su Fli si sprecano. Dei finiani dice: «Si interrogano se macchiarsi o meno del reato di tradimento, visto che pensavano di essere montati su un treno a guida Fini per diventare la terza gamba del centrodestra e invece si ritrovano su un treno a guida Bocchino, Granata e Briguglio con una destinazione diversa, verso la sinistra». 

E dovranno spiegarlo il perchè, se voteranno la sfiducia il 14 dicembre. Ma il premier confida che i numeri ci saranno e una volta incassata la fiducia «le prossime tappe saranno la riforma costituzionale della giustizia e quella per un fisco al passo con i tempi, più equo e più attento alle famiglie con i figli a carico». Se le cose andranno in modo diverso, allora l'unica strada per il Cavaliere resta sempre e solo quella del voto. 

«Questo governo, il nostro governo, è stato eletto dagli italiani e a questo governo non c'è un'altra alternativa se non quella di nuove elezioni. Nessuno le vuole perchè sanno che se andassimo alle elezioni li sbaraglieremmo tutti», dice Berlusconi con toni da campagna elettorale. 

Fiducia o voto, ripete il Cavaliere. Tuttavia non chiude all'apporto «di tutti» coloro che vorranno stringere «un patto di legislatura» che consenta all'esecutivo nell'azione di governo: «Vogliamo realizzare con chi ci sta quel patto di legislatura del quale ho parlato nelle scorse settimane. Questo significa, e lo ripeterò proprio alle Camere il 13 dicembre, che siamo aperti a ragionare, come sempre, con tutti, senza alcun pregiudizio, se non con l'impegno della coerenza rispetto al nostro programma e l'impegno della lealtà nei confronti dei nostri elettori». 

«Il 14 dicembre -spiega Berlusconi- non ci accontenteremo di una fiducia occasionale, basata su fragili margini numerici. Necessitiamo di una fiducia convinta e continuativa. Questa è l'unica condizione per evitare il ritorno al voto». 

Voto anticipato che Gianfranco Fini giudica un «azzardo per il Paese», «non serve oggi agli italiani perchè avrebbero una campagna elettorale con le solite promesse e i soliti impegni non mantenuti». E secondo Fini tanti sono i parlamentari che la pensano a questo modo e che comunque non vogliono le elezioni anticipate: «Mi chiedo se Berlusconi -avverte il leader di Fli- non si renda conto che andando avanti così non otterrà la fiducia e non ci sarà nemmeno il ricorso alle urne perchè tanti parlamentari non vogliono andare al voto». 

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