sultano i rappresentanti dell'industria discografica, ma i quattro si appellano alla Corte Suprema: «Con questa sentenza vogliono solo spaventare la gente» | |
Sono state perciò confermate le condanne di primo grado, anche rispetto alla precedente sentenza sono state diminuite le pene detentive – quella più lunga, dieci mesi, è toccata a Neij, mentre Sunde e Lundström dovranno scontare rispettivamente otto e quattro mesi – mentre è stato invece aumentato l’ammontare del risarcimento dovuto alle major dell’audiovisivo, che è di quasi 5 milioni di euro, da dividere in tre. Mancava un quarto “pirata”, Gottfrid Svartholm, che non si è potuto presentare in aula a causa delle sue cattive condizioni di salute: il suo caso verrà discusso più avanti. «Non preoccupatevi, faremo ricorso alla Corte Suprema – ha annunciato, con un messaggio su Twitter, Sunde, che ha aggiunto - ci condannano alla prigione anche se non è la pena prevista per questo tipo di crimine. È soltanto per spaventare la gente». Anche il leader del Partito Pirata, Rick Falkvinge, ha parlato di “processo politico”. «È oltremodo triste che le corti continuino a amministrate una giustizia che tiene conto di interessi particolari – ha dichiarato – la gente non ha più alcuna fiducia nel sistema giudiziario in queste materie». È indubbio, però, che il clima, anche politico attorno ai “pirati” è cambiato, rispetto anche solo a un anno fa. Nelle elezioni dello scorso settembre, il Partito Pirata ha subito un crollo verticale, dal 7 % delle elezioni europee dello scorso anno, all’1,4 delle politiche, senza riuscire a superare lo sbarramento del 4 % e a portare almeno un rappresentante al Riksdag. Lo stesso processo di appello a Pirate Bay si è svolto un po’ in sordina e non ha avuto lo stesso richiamo mediatico di quello di primo grado. Tutto ciò naturalmente, per la gioia dei rappresentanti dell’industria discografica internazionale: «E' un sollievo che la corte di appello abbia stabilito che portando avanti questo tipo di attività si venga spediti in prigione – ha commentato un avvocato che cura i diritti dell’industria cinematografica, Monique Wadsted». Le major non sono però finora riuscite ad ottenere la chiusura del sito: The Pirate Bay è tutt’ora funzionante e la sua attività è portata avanti dalla società Reservella, con sede alle Seychelles. Secondo Frances More, presidente dell’associazione Ifpi, che rappresenta gli interessi dell’industria discografica a livello mondiale, «è ora tempo che Pirate Bay chiuda. Ci rivolgiamo ai governi e ai provider affinché prendano atto del verdetto e facciamo i passi necessari per oscurare il sito». | |
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28 nov 2010
Condannati al carcere i fondatori di "Pirate Bay"
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