Bufera WikiLeaks sulla diplomazia Usa
Quello di WikiLeaks si sta rivelando un crescendo rossiniano. Il 25 luglio il sito di Julian Assange, che è attualmente ricercato dalla Svezia con l'accusa di stupro, ha messo in rete 77mila documenti del Pentagono sulla guerra in Iraq. Il 22 ottobre, 400mila sulla guerra in Afghanistan. Nelle prossime ore se ne aspettano quasi tre milioni. Del Dipartimento di stato, sul resto del mondo.
WikiLeaks avrebbe già passato il materiale ad alcuni giornali - New York Times, Guardian, Der Spiegel - che potrebbero pubblicarlo a breve, dopo averlo visionato e selezionato. E questa volta ad avere motivo di preoccuparsi non è solo il governo americano. Tant'è che il Dipartimento di stato di Hillary Clinton si è sentito in dovere di contattare le proprie controparti, cioè i governi stranieri, avvertendole dell'imminente pubblicazione di suoi documenti scritti per uso interno che potrebbero contenere informazioni riservate o politicamente sensibili. Tra i paesi interessati dalla fuga di notizie potrebbe esserci anche l'Italia.
«Il timore è che vengano alla luce attività di nostri diplomatici che potrebbero non piacere a governi stranieri. E forse addirittura spingerli a espellere qualcuno» dice al Sole 24 Ore un ex diplomatico americano che chiede l'anonimato. A suscitare altrettanta preoccupazione nell'amministrazione americana è il fatto che in quasi tre milioni di messaggi interni è altissimo il rischio che vi siano rivelazioni imbarazzanti e giudizi poco lusinghieri su diplomatici, politici o governi stranieri. Ci sarebbero anche riferimenti a episodi di corruzione che coinvolgono capi di governo.
Come ha scritto il vice-segretario di stato Elizabeth King in una mail alla commissione difesa della Camera, «i documenti riguarderanno una quantità enorme di questioni di politica estera molto sensibili. E prevediamo che la loro pubblicazione avrà un impatto negativo nei rapporti con paesi stranieri».
Lo stesso ha detto ai giornalisti il portavoce del Dipartimento di stato Philip J. Crowley, secondo il quale «le comunicazioni inviate a Washington dalle nostre missioni diplomatiche all'estero nascono per rimanere riservate». Si tratta cioè di materiale diplomatico grezzo che nessuno mai poteva pensare divenisse pubblico. Ma nel momento in cui finirà sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo, ha detto Crowley, «danneggerà gli Stati Uniti e i loro interessi, e creerà tensioni nei rapporti tra i nostri diplomatici e i loro amici nel mondo». Il Dipartimento, dunque, si prepara allo scenario peggiore.
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