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10 nov 2010

Bondi si difende alla Camera «Non merito le dimissioni»

Il Pd presenta la mozione: «Ciclo finito». Fli:«Serve atto di coraggio». E Casini: «Valuteremo»


Sandro Bondi a Pompei dopo il crollo (Fotogramma)
Sandro Bondi a Pompei dopo il crollo (Fotogramma)
ROMA - «Se avessi responsabilità per ciò che è accaduto sarebbe giusto chiedere le mie dimissioni, anzi le avrei date io. Se invece facciamo prevalere serietà, obiettività e misura, allora sarebbe giusto riconoscere che i problemi di Pompei come le situazioni in cui versa il patrimonio artistico si trascinano da decenni senza che nessuno sia riuscito a risolverli definitivamente e a impostare una strategia efficace». Lo dice il ministro dei beni culturali Sandro Bondi nel suo intervento alla Camera sul crollo della Domus dei gladiatori a Pompei. «È comodo addossare responsabilità a me o al governo per i pochi investimenti. Dobbiamo avere tutti il senso della misura ed evitare strumentalizzazioni di carattere politico. - prosegue - Chiedere le mie dimissioni non sarebbe politicamente e moralmente giusto, non lo merito, sarebbe un segno di incattivimento della lotta politica in Italia. Se devo esplodere come una mina, come dice d'Urso, non è problema che riguarda il patrimonio».

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RISORSE - La mancanza di fondi non è la causa di ciò che è accaduto a Pompei afferma il ministro. «Se lo dicessi - sottolinea - non sarei onesto. Pompei, a differenza di altre aree archeologiche, è una soprintendenza speciale e gli incassi non vanno all'erario, ma entrano tutti nelle casse della soprintendenza. Nel 2002 le giacenze di cassa a fine anno erano di 52 milioni, nel 2003 58 milioni, nel 2004 66 milioni e così via fino ai 25 milioni di euro del 2009». Il problema vero, dunque, per il ministro, è assicurare «una gestione capace di investire al meglio le risorse». I soprintendenti, sottolinea, hanno fatto un lavoro straordinario: «Dobbiamo lasciare ai soprintendenti la tutela, che deve sempre rimanere allo Stato, mentre la gestione va assegnata a nuove figure gestionali. Per questo - annuncia - il ministero sta predisponendo le linee guida per una fondazione per Pompei: sovrintendenti e manager dei beni culturali devono lavorare insieme». Troppo poco considerata la cultura in Italia dice Bondi, tornando a ribadire il livello troppo basso di investimenti statali per la cultura, aggiungendo che c'è anche un problema di considerazione della cultura, da parte anche delle classi dirigenti del paese. Nei prossimi giorni, annuncia il ministro dei beni culturali Bondi alla Camera, a Pompei cominceranno i lavori su cinque altre domus della città antica, compresa la Villa dei Misteri.

NON C'ERA ALLARME - «Il crollo di un edificio non può cancellare i risultati del lavoro fatto in due anni», dice alla Camera il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, che sottolinea come, a giudizio della soprintendenza, «niente faceva presagire l'allarme». Un sopralluogo qualche giorno prima, aggiunge, «non aveva segnalato pericoli visibili». Per la Schola, spiega, «è collassata la copertura di cemento provocando il crollo. Verosimilmente il crollo ha interessato le murature verticali ricostruite e la copertura. Si sarebbe conservata la parte bassa, quella con le decorazioni che potranno essere restaurate. Si esclude che il danno della copertura sia dovuto a infiltrazioni nel solaio. Dai primi accertamenti il disastro sarebbe dovuto alla pressione delle murature perimetrali dal terrapieno a ridosso della costruzione imbevuto dalle piogge di questi giorni». Poi il ministro ha ribadito che «non si possono escludere altri crolli».

ESPERTI - Un comitato di esperti, ha confermato mercoledì in aula il ministro, affiancherà a Pompei il lavoro della soprintendenza. La commissione sarà diretta dal professor Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, e composta da Stefano de Caro ,direttore generale per l'archeologia, Roberto Cecchi, segretario generale del ministero e dall'archeologa Francesca Ghedini, anche lei esponente del Consiglio superiore dei beni culturali. Il gruppo, precisa Bondi, «valuterà lo stato di degrado» facendo fare rilievi in tutta la città antica, e «detterà le linee di intervento».

FRANCESCHINI-VELTRONI - Sandro Bondi si dimetta dalla guida dei Beni culturali o il Pd presenterà una mozione di sfiducia ha detto Dario Franceschini, capogruppo dei democratici alla Camera. «Il dibattito su Pompei - ha detto in Aula - ha mostrato che quattro gruppi parlamentari hanno chiesto le dimissioni del ministro. I ministri restano in carica se hanno la maggioranza, Bondi prenda atto che la maggioranza dei gruppi ha chiesto un gesto di responsabilità e rassegni le dimissioni: se non avverrà dovremmo prendere le iniziative conseguenti per portare in Aula una mozione di sfiducia». In precedenza Walter Veltroni definisce il crollo di Pompei «una metafora» dello sfarinamento del Paese e della chiusura di un «ciclo», quello del Governo. «Quel crollo - aggiunge Veltroni - racconta come una metafora lo sfarinamento del nostro Paese. Non siamo a chiederle un atto di responsabilità per un episodio specifico, le si chiede un atto di responsabilità per lo stato di abbandono della cultura italiana: il cinema, la lirica, la serrata dei musei... Noi le chiediamo le dimissioni, si è chiuso un ciclo. Si dice che bisogna spegnere la luce. La luce è già spenta». Poi si apprende da fonti parlamentari che il Pd presenterà una mozione di sfiducia contro il ministro.

GRANATA - A Sandro Bondi «non chiedo le dimissioni ma un atto di coraggio per assumersi fino in fondo le sue pesantissime responsabilità politiche», dice Fabio Granata, Fli. Anche Granata, come Veltroni, ha criticato «l’ossessione di valorizzazione del patrimonio» rispetto a «tutela dinamica, ricerca, manutenzione, prevenzione.

IDV - UDC - Per Antonio Palagiano, deputato di Idv, «Bondi ha fatto più danni del Vesuvio, per questo se ne deve andare a casa con tutto il governo». L’Udc invece valuterà insieme alle altre opposizioni e a Fli l’opportunità di una mozione di sfiducia contro il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi. «Concerteremo con le opposizioni e con Fli - dice Pier Ferdinando Casini conversando con i cronisti in Transatlantico - certamente il penso che dovrebbe dimettersi lo stesso Silvio Berlusconi, lo dico ogni giorno. E la crisi va parlamentarizzata. Però non voglio adesso trarre delle conseguenze, valuteremo con le opposizioni e con Fli».

MANOVRE SOTTERRANEE - Nel corso degli interventi alla Camera ci sono state delle manovre sotterranee. Infatti si registra un breve colloquio a Montecitorio tra il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, e il leader Udc, Pierferdinando Casini. Casini era accompagnato da Mauro Libè ed Enzo Carra; Bersani dal vicesegretario, Enrico Letta, e dal capogruppo, Dario Franceschini. Al centro del colloquio la richiesta di dimissioni per il ministro Bondi. In precedenza c'era stato un colloquio telefonico nell'Aula della Camera tra il presidente Gianfranco Fini ed il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. Durante l'informativa urgente sul crollo di Pompei del ministro Sandro Bondi, Fini ha preso il telefono interno al banco della presidenza chiamando Casini, seduto al suo scranno nell'Emiciclo. Fini ha parlato nascondendo con la mano la bocca. La telefonata è durata circa tre minuti. Dopo il dibattito Bondi, conversando con i giornalisti, ha replicato che «non c'è stata richiesta di dimissioni né da parte della maggioranza né dall'Udc». A chi insisteva sul fatto se Fli abbia parlato di un suo possibile passo indietro ha replicato che «se Granata vuole le mie dimissioni presenti una mozione di sfiducia».

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