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28 nov 2010

6.000 relitti sotto il mare. Con l'aumento del prezzo dell'oro la finanza investe sui cacciatori di tesori

Casse di dobloni partiti dalla Spagna per finanziare guerre e crociate. Lingotti in oro massiccio destinati alla nobiltà Europea. Cannoni di bronzo che ornavano navi da combattimento. Tesori che riposano sul fondo del mare, affondati insieme alle imbarcazioni che li trasportavano. E che adesso la finanza potrebbe riportare alla luce.

Accadrà, con un po' di fortuna, grazie a un nuovo piano di investimenti della Odyssey Marine Exploration, organizzazione controllata dalla società californiana Tampa. Quei tesori rimasti a lungo sommersi negli oceani potrebbero presto far parte di portafogli di eccentrici, facoltosi investitori. Che oltre a essere ricchi sono rimasti bambini, con quella voglia mai sopita di trovare un tesoro nascosto.

Tampa, il cui lavoro è stato documentato su Discovery Channel e sulle pagine del National Geographic, sta elaborando un piano per dare agli investitori americani la possibilità di acquistare una quota di una particolarissima caccia al tesoro. Per poi dividere il bottino. Odyssey ha costruito la sua reputazione trovando, negli anni, decine di tesori sommersi. E oggi avrebbe già individuato i primi 100 relitti, per un valore complessivo di 50 milioni di dollari, da far riemergere con i soldi degli americani che decideranno di finanziare il loro fondo. Secondo la società le operazioni di recupero costeranno 3,6 milioni di dollari. Questo significa che, se sotto i fondali si troverà quello che gli studiosi cercano, il guadagno sarà consistente.

L'aspetto romantico non inganni. L'operazione è nata per fare profitti. E non a caso torna di attualità in queste settimana, dopo che il prezzo dell'oro ha fatto segnare un nuovo record (1,424 dollari a inizio novembre). L'operazione è allettante, ma non priva di rischi. E infatti Odyssey si rivolge solo a "investitori qualificati": imprenditori con patrimoni netti di almeno 1 milioni di dollari e reddito annuale di 200mila dollari. La società ha già testato un piano simile nel Regno Unito, dove 100 clienti investiranno 11,7 milioni di dollari per finanziare quattro cacce al tesoro. I nomi e le posizioni delle navi restano, per ora, top secret. Ma già si sa che il profitto atteso è pari a 10 volte i costi sostenuti.

iente rispetto a quello che la società prospetta agli investitori americani: per i prossimi anni Odyssey ha già "in portafoglio" 6mila relitti. Ma questo potrebbe non bastare per convincere i facoltosi cercatori di oro sommerso. I legali della società americana dovranno fornire argomenti convincenti anche su un altro piano, molto meno romantico: quello delle possibili controversie legali. I precedenti non aiutano. Nel 2007 la Odyssey Marine Exploration ha recuperato oltre 17 tonnellate di monete d'argento da un sito risalente all'epoca coloniale (nome in codice Black Swan). Una ricchezza il cui valore è stato stimato non inferiore a 500 milioni di dollari. La cui proprietà è però contesa con il governo spagnolo, che ha aperto un procedimento legale.

A frenare gli entusiasmi degli investitori ci sono anche i risvolti fiscali. Per valutare l'investimento, i finanziatori di Odyssey dovranno considerare le tasse sui futuri "guadagni". Senza contare che, qualora le ricerche non andassero a buon fine, la perdita del capitale sarebbe totale. Questo è già accaduto in passato.

Ma alla Odyssey sanno bene che il passato - quello fatto di perdite finanziare - spaventa e affascina meno di ciò che il tempo ha nascosto e il mare inghiottito: per quella voglia mai sopita di tornare bambini, giocare con mappe del tesoro, ripercorrere antiche rotte sulla via dell'oro. Chi, potendo scegliere, rinuncerebbe a tutto questo per investire in azioni o in noiosissimi bot?

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