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15 ott 2010

L'antivirus sfida il Tribunale «Troppo pesante, rete in tilt»

Bloccati i pc del Riesame

MILANO - È la cancelleria dell'ufficio giudiziario competente sui 9.000 detenuti di 12 carceri lombarde: eppure in questi giorni i computer del Tribunale di Sorveglianza di Milano lavorano alla moviola quando va bene, si fermano quando va male. Rallentati. A singhiozzo. Qualche volta proprio «impallati». Perché nessuno li nutre? Al contrario: perché sono nutriti «troppo» bene. Protetti, da qualche giorno, da un antivirus molto efficace: un software che però, per funzionare, richiede una quantità di memoria ram che la maggior parte dei vetusti computer delle cancellerie non possiedono. È l'ultimo dei tanti paradossi della digitalizzazione della giustizia, tanto sbandierata a parole quanto ancora velleitaria nei fatti. 

Gli uffici giudiziari, a seconda dell'assenso o meno che in questi mesi stiano prestando a una controversa nuova piattaforma proposta dal Ministero, stanno infatti migrando a un sistema centralizzato nazionale di registrazione delle password e dei permessi di ogni singolo computer, finalizzato a non consentire più l'installazione di programmi diversi da quelli registrati e a permettere l'assistenza da remoto. C'è chi critica questa soluzione, ritenendo che così si bloccheranno anche gli aggiornamenti automatici, lamentando scarsa informazione sulla lista dei programmi ammessi, e paventando persino che qualcuno possa avere centralmente accesso a qualsiasi computer anche senza consenso dell'utente. Ma il primo problema pratico che si sta presentando è molto più prosaico. Il nuovo sistema è infatti presidiato da un software moderno, vaccinato da una completa banca dati dei virus. Ottimo? Certo, a patto di avere computer adatti a sopportare la voracità di memoria ram che caratterizza l'antivirus, il quale ha bisogno di almeno 512 Mb di ram, e anzi crea problemi persino a macchine con 1 giga di memoria ram. 

Così, sui 47 computer in dotazione al Tribunale del Riesame milanese, 9 sono già stecchiti da un giorno all'altro, avendo meno di 512 Mb di ram; 11 barcollano, avendo appena 512 Mb di ram; e 14 lottano eroicamente, avendo una memoria ram compresa tra i 512 Mb e un giga. Con tutti i trucchi e la buona volontà possibile, alla prova dei fatti c'è niente da fare per almeno «15 postazioni su 47» che «non risultano idonee», paradossalmente ammazzate o zavorrate dal teorico passo avanti tecnologico. Si dirà: basta cambiare i computer vecchi con quelli nuovi. Ma non è così semplice. A fronte delle esigenze rappresentate dal Tribunale di Sorveglianza in gennaio, il 31 marzo l'articolazione tecnica del Ministero (il Cisia di Milano) ha comunicato l'assegnazione di solo due computer. Ma ancora il 14 settembre l'ufficio informatico del Tribunale di Sorveglianza faceva presente che, a distanza di 6 mesi, quei due nuovi pc «non sono ancora in nostro possesso»; e in compenso «in questo lasso di tempo si sono rotti altri due computer relativamente nuovi», dove per nuovi si intende «del 2005», cioè di 5 anni fa. Proprio in queste ore le correnti di Magistratura democratica e Movimenti («Area») hanno inviato al Csm un documento in cui fanno il punto della «situazione drammatica» dell'informatica giudiziaria in Italia in questi tempi di vacche magre: «Non è difficile immaginare che il Ministero debba fronteggiare debiti pregressi e scadenze già programmate - osservano -, ma anche questi aspetti non sono conosciuti né controllabili», per colpa «anche di una struttura del bilancio statale che rende quasi impossibile comprendere dall'esterno come stiano davvero le cose».

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