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21 ott 2010

"Inside Job", il film che rivela chi ci ha rubato il futuro

Il milionario Charles Ferguson diventa regista e firma il documentario che va a caccia dei colpevoli e di quelli che hanno provocato la crisi finanziaria mondiale. Con molte reticenze: da Greenspan a Bernanke


NEW YORK - Quest'anno, agli Oscar, dovrebbero aggiungere una categoria in più. Altro che attore non protagonista. Ci vorrebbe un premio alla faccia tosta per chi non ha avuto neppure il coraggio di presentarsi sul set. Charles Ferguson, il regista da Oscar di Inside Job, lo strepitoso documentario che racconta lo scandalo della Grande Recessione, ha una lista che lega in un unico "file" destra e sinistra: nel nome di Wall Street. 

LA SCHEDA DEL FILM 1

Alan Greenspan, presidente della Fed scelto da Ronald Reagan, confermato da George Bush padre, confermato da Bill Clinton, riconfermato da George Bush figlio: "Non ha voluto farsi intervistare per questo film". Ben Bernanke, presidente della Fed scelto da George Bush figlio, confermato da Barack Obama: "Non ha voluto farsi intervistare per questo film". Larry Summers, ex segretario al tesoro di Clinton, direttore del Consiglio Economico di Obama: "Non ha voluto farsi intervistare per questo film". Tim Geithner, segretario al Tesoro di Obama: "Non ha voluto farsi intervistare per questo film". Non è uno scandalo? Uno capisce il no di Lloyd Blankfein, il Vampiro di Goldman Sachs, compagnia privata. Ma un funzionario pubblico? "Sono rimasto sconcertato quando l'amministrazione Obama al gran completo ha evitato di parlarmi, anche informalmente. E in tanti casi, Geithner compreso, senza dare neppure una spiegazione". 

Ma Ferguson la sa bene la spiegazione. Altro che Gekko-Michael Douglas ripescato da Oliver Stone vent'anni dopo. Altro che i blitz naive di Michael Moore che fanno tanto spettacolo e ideologia: "Non mi faccia fare nessun commento: penso che il mio film parli da solo e possa essere giudicato per se stesso".Inside Job, espressione inglese per indicare appunto il crimine commesso da chi ha mani in pasta, racconta l'assassinio dell'economia mondiale come se fosse un giallo. E indicando da subito un sospetto: la deregulation voluta da Reagan. L'accusatore parla per conoscenza diretta. Classe '54, laureato in matematica a Berkeley e in scienze politiche al Mit di Boston, Ferguson si è arricchito vendendo per 133 milioni la sua invenzione, Vermeer Technologies, a un certo Bill Gates. E da allora s'è dato al cinema. Quello, molto particolare, dei documentari. Che dal suo "No Exit in Sight" sulla guerra in Iraq a quel "Waiting For Superman" di Davis Guggenheim sul disastro della scuola americana sta riscattando la pigrizia di Hollywood a confrontarsi con la realtà. E invece Ferguson è tutto tranne che pigro.

Incalza l'ex presidente della Fed Paul Volcker ("Come giudica gli stipendi di Wall Street?". "Eccessivi") e il ministro francese dell'economia Christine Lagarde ("Stavamo a guardare lo tusnami che arrivava"). E poi i professoroni del conflitti d'interesse. Come quel Glenn Hubbard, capo dei consiglieri economici di Bush e oggi preside di Business alla Columbia: "Scusi, ma lei non è quello che aveva firmato il documento sulla solidità finanziaria dell'Islanda?". "Adesso basta! Ha solo altri quattro minuti: spari la sua cartuccia migliore...".

Naturalmente Ferguson nella sua caccia trova anche i suoi eroi buoni: come il profeta inascoltato Nouriel Roubini e, sorpresa, l'ex procuratore e governatore di New York, Eliot Spitzer, quello che fu sorpreso in un giro di prostitute. "Beh, i fatti suggeriscono che fu davvero preso di mira. Certo ha fatto volontariamente quello che ha fatto, ma sembra proprio che sia finito al pubblico ludibrio proprio per il ruolo che aveva avuto nel ripulire Wall Street. E per i nemici politici che si era fatto". Che mondo. Non è un caso che l'altra eroina di Charles sia Kristin Davis, la maitresse che rivela le notti a mille dollari a botta e ancora si chiede com'è possibile che i suoi clienti fatti di cocaina potessero poi rappresentare in Borsa i risparmi degli investitori. 

Non si salva nessuno? Robert Gnaizda, il fondatore del Greenling Insitute, una vita con i consumatori, dice che anche con Obama, che s'è portato al governo quel Geithner ex capo della Fed di New York, è cambiato poco: "È lo stesso governo di Wall Street". Scusi, Ferguson, ma così non fa il gioco della destra alla vigilia delle elezioni? "Il mio dovere di film maker, di giornalista, è dire la verità, indipendentemente dalle conseguenze politiche. Però spero anche che il film possa finalmente spingere verso una riforma più forte".

E adesso? Dopo averci raccontato lo scandalo dell'Iraq e quello di Wall Street, Mister Denuncia non sa ancora su cosa puntare. Eppure ci sarebbe una storia meravigliosa: un imprenditore pieno di debiti decide di entrare in politica e a colpi di corruzione diventa l'uomo più ricco, il primo ministro, il protagonista di scandali piccanti... Non è una bellissima storia? E poi vuole mettere girare in Italia? Lo sventurato sorrise: "Terrò presente il consiglio...".

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