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22 ott 2010

Il circus della F1 finisce nei motel del sesso

Team e giornalisti sistemati attorno a Love Square



Nei pressi del circuito di Yeongam (LaPresse)
Nei pressi del circuito di Yeongam (LaPresse)

YEONGAM - Contrordine, amici e compagni. L'ultima frontiera della Formula 1 non è quella di essersi spinta in una terra di... frontiera, giust'appunto. Una frontiera che più frontiera non si può, ovvero il meridione della Corea del Sud. Semmai, la novità è l'accordo stretto tra Bernie Ecclestone e la locale industria della prostituzione e del sesso. Un patto involontario? Ma quando mai un atto di Mister E. esula dalla sua volontà, oppure è figlio del caso? Mica è imbecille, il ragazzo... Però, per eccesso di buonismo, possiamo anche pensare che l'abbiano gabbato. Brutto segnale pure questo: forse l'età (80) comincia a produrre effetti collaterali... Mettiamola allora così, con una via di mezzo che non smonta la sostanza dei fatti ma che, d'altro canto, salva un po' la forma e le creanze del Padrino del circus. 

Di questo si tratta. C'erano interessi evidentemente formidabili per portare una gara del campionato mondiale - incidentalmente, stavolta, è pure una di quelle «pesanti» perché può indirizzare le sorti della volata a cinque tra Webber, Vettel, Alonso, Hamilton e Button - sulle rive del Mar Giallo, in un'area a vocazione turistica (futura: per ora non c'è quasi nulla) e pure paesaggisticamente accattivante, almeno quando la lattiginosa e persistente nebbiolina si degna di rendere giustizia alle bellezze della natura. I cattivi sostengono che, essendo questa zona famosa per la potenza di un certo tipo di mafia (che sconfina pure nelle industrie, in particolare nella cantieristica navale), fosse opportuno e conveniente assecondare il progetto della F1 in questo posto della Corea. Diversamente, non avrebbe avuto alcun senso evitare una capitale, Seul, proprio in anni in cui Bernie pontifica che le macchinette devono correre in grandi città o a ridosso di esse. La tesi più blanda prevede invece un Ecclestone sì assetato di soldi e di ecumenismo per lo sport a lui caro, ma non al punto di scendere a patti con il diavolo. Più semplicemente, si sarebbe accontentato di stringerli con due colossi commerciali quali LG e Hyundai, guarda caso partner dell'operazione Corea. Non solo: si vuole che se dopo l'addio di Bridgestone fosse andata buca con Pirelli o con altri produttori di pneumatici, le gomme alle auto di F1 con buona probabilità le avrebbero fornite proprio i coreani, per la precisione quelli della Kumho. 

Ma che c'entra tutto ciò con prostituzione e sesso? C'entra perché, pur di assecondare l'ipotesi A, oppure la B, gli uomini di Ecclestone hanno fatto finta di non vedere ciò che non sfuggirebbe nemmeno a un ebete: Mokpo, la cittadina-cittadona vicina al nuovo (e ancora largamente incompleto) circuito progettato da Hermann Tilke, ha una ricettività alberghiera di un certo livello pari a quella di un nostro paesello. Ma la F1 muove un'ottantina di persone solo per ogni team, poi ci sono giornalisti e le figure di contorno. Malcontate, si arriva almeno a 1500 persone. Dove le si piazzano? Riciclando e dando una «verniciata» a quello che già c'è. I motel a ore, ad esempio. Il grosso della tribù della F1 che ha scelto Mokpo per essere più vicina all'impianto - altrimenti, come ha fatto la Williams, devi stare nella più grande e ricettiva Gwangju, a quasi un'ora e mezzo d'auto - è accampato attorno a Love Square. Nomen, omen. I motel dell'amore spuntano come funghi, alti o bassi, larghi o stretti, lerci o puliti (pochi), dalle camere anguste o dalle «junior suite» dove la doccia è addirittura doppia (ovvio e pratico, no? Si espletano più velocemente le abluzioni di fine rapporto e si libera prima la stanza) e dove nella dotazione «di serie» sono inclusi i condom. Non ci sono invece gli armadi: non dovendo soggiornare a lungo, lì dentro, non servono. Altre amenità raccolte e catalogate: in un motelaccio, la reception sta addirittura sotto il pavimento; la chiave viene passata da un pertugio insospettabile, così la privacy è perfetta. Un collega di Londra s'è poi trovato non il distributore delle bibite o degli snack, ma quello dei vibratori. E sempre un altro britannico (sfigati, forse?) ha avuto la netta sensazione, rientrando alla sera, di «presenze» che hanno interessato la sua stanza nel periodo di assenza. Gli Alieni stavolta non c'entravano. Totale: davvero Mister E. non sapeva nulla? Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto il grande Totò. Business is business. Anche «a ore», se necessario.

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