BUONUSCITA DA 40 MILIONI. LA MOGLIE: DUE ANDRANNO IN BENEFICENZA
Scontro nel Cda, poi il manager accoglie la richiesta. Deleghe a Rampl. La Lega: fermare i libici. Giù il titolo
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| Alessandro Profumo |
LA PRESENZA LIBICA - Contrariamente alle previsioni della vigilia, si è dunque arrivati alla "conta". Secondo le indiscrezioni trapelate, durante la riunione durata quasi cinque ore, alcuni consiglieri avrebbero manifestato contrarietà all'uscita di Profumo dal gruppo, anche per motivi legati alla stabilità della banca. Alla fine però, hanno nettamente prevalso i favorevoli alla sfiducia. Il Cda ha così attribuito ad interim le deleghe che erano di Profumo al presidente Dieter Rampl, la cui figura esce a questo punto a testa alta dal confronto-scontro con l'amministratore delegato sulla mancata comunicazione dell'incremento della presenza della compagine libica nell'azionariato. Del drappello di "difensori" dell'ad risulterebbero far parte Salvatore Ligresti e il vice presidente Farhat Bengdara, numero uno della Banca Centrale della Libia, che detiene il 4,988% di Unicredit.
LA BUONUSCITA - L'accordo sulla buonuscita di Profumo c'è, come ha spiegato la moglie lasciando, a tarda serata, lo studio legale Erede Bonelli Pappalardo. All'ormai ex ad di Unicredit, che percepiva uno stipendio di oltre 4 milioni di euro l'anno e che ha firmato la risoluzione consensuale con l'istituto di credito, andranno circa 40 milioni di euro. «Ci tengo a dirvi che una parte della buonuscita, due milioni di euro, sarà data in beneficenza a Don Colmegna». «Io e mio marito siamo serenissimi - ha aggiunto -, non è la fine del mondo, non c'è solo Unicredit, ci saranno altre opportunità».
IL PRIMO ACCORDO - La situazione di impasse venutasi a creare in Consiglio di amministrazione non era prevedibile, visto l'accordo di massima raggiunto in precedenza e che prevedeva l'addio dell'amministratore delegato. Profumo però ha voluto giocare le sue carte fino all'ultimo, cercando la fiducia del consiglio. Ha trovato solo il voto favorevole del consigliere indipendente, Lucrezia Reichlin. E a nulla è servito, nella fase degli incontri preventivi, l'intervento a suo sostegno di uno dei principali azionisti di Unicredit, Ligresti che si era detto «favorevole alla stabilità».
I MOTIVI - Alla base del redde rationem di Piazza Cordusio pare non ci sia solo la questione libica, ovvero il ruolo della Banca centrale libica - che detiene il 4,99 per cento - e quello del fondo Libyan Authority Investment (Lia), che ha ufficializzato alla Consob di essere salito al 2,594 per cento. Alcuni azionisti - in primis i «falchi» Luigi Maramotti e Fondazione Cariverona - sembra fossero critici da tempo sul ruolo dell'ad, nel mirino anche per il progetto «One4C», il cosiddetto «bancone». Sulla questione libica è intervenuto anche l'imprenditore franco-tunisino, e membro del patto di sindacato di Unicredit, Tarak Ben Ammar che ha detto di non credere che i soci di Tripoli siano irritati per la vicenda Profumo.
LA GIORNATA - La giornata, caratterizzata dalla flessione del titolo in Borsa e dai forti scambi azionari, si era aperta con i grandi azionisti che, in particolare tramite il presidente Dieter Rampl, avevano tenuto ferme le posizioni di aspra critica verso Profumo. E l'amministratore delegato aveva capito che i margini per un accordo in extremis risultavano pressoché inesistenti. Un peso decisivo ha avuto la reazione dei consiglieri di amministrazione tedeschi, infastiditi anche dal pressing della politica che nelle ultime ore si era fatto insistente nel tentativo di supportare Profumo.
GOVERNATORE BANCA CENTRALE LIBIA - Al Cda nella sede di Unicredit ha partecipato, per la prima volta (fino ad ora era apparso solo in videoconferenza), Farhat Omar Bengdara, Governatore della Banca centrale Libica, azionista con il 4,99 per cento dell'istituto.
TOSI: STOP ALLA LIBIA - «Quella su Profumo e sul suo successore è una scelta che spetta al cda e ai soci. Dopodiché, io auspico soprattutto che adesso gli organismi di controllo, Bankitalia, Consob, fermino la scalata libica a Unicredit» il sindaco di Verona, il leghista Flavio Tosi, commenta le dimissioni di Profumo. «In questa vicenda - ha ricordato Tosi - io sono intervenuto come sindaco che rappresenta un territorio nel quale questa banca, Unicredit, ha molti interessi. A prescindere dal ruolo di Profumo, io ho manifestato la preoccupazione riguardo alla possibilità che l'istituto, per il legame che ha con il nostro territorio, potesse passare sotto il controllo libico». Il Comune di Verona esprime diversi consiglieri in Cariverona, la cui Fondazione detiene il 4,98% di Unicredit.
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