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23 set 2010

Oliver Stone ritorna a Wall Street "Dentro di me c'è un po' di Gekko"


Il regista come sempre tra cinema e politica in occasione della prima americana del sequel del film di 23 anni fa. Obama? "Mi riservo il giudizio, ma tifo per lui". Gli States? "Siamo un paese arrogante"

NEW YORK - Un po' Gordon Gekko, un po' Jim Morrison, un po' Jim Garrison. E' il ritratto che Oliver Stone fa di se stesso, non a caso in coincidenza con la prima americana del suo Wall Street: Money Never Sleeps. Il film, che in Italia uscirà il 22 ottobre, rivisita il mondo  esplorato 23 anni fa. E c'è ancora Michael Douglas, a 65 anni più fiero che mai, il massimo dell'arroganza borsistica, malgrado gli otto anni di carcere per frode fiscale e il vuoto che lo circonda. Il senso della pellicola il regista lo dà con quella che sembra una battuta: "Una commedia di maniera. La vita va avanti, nessuno si farà male, i poveri spariscono e nessuno ne parla". 
Oliver Stone ritorna a Wall Street "Dentro di me c'è un po' di Gekko"
LA SCHEDA DEL FILM  - IL TRAILER 

Perché un seguito di Wall Street oltre vent'anni dopo??
"Mi avevano offerto sceneggiature imperniate sul problema degli "hedge funds", ma era tutta roba alla James Bond, con azione e inseguimenti e sottomarini... non me ne fregava niente.  Ma dopo il crollo di Wall Street 
del 2007 ho sentito la realtà bussare alla porta: era lo sfondo giusto per vedere che fine aveva fatto Gordon Gekko dopo tutti questi anni. Abbiamo allora scritto la storia di sei persone intorno a Wall Street, un padre e una figlia, una madre e un figlio, due psicopatici che usano Shia a scopi di lucro,  Gekko e Josh Brolin, insomma si profilava un bel dramma".
In che senso questo film si distingue dal primo?

"Il primo Wall Street era in sostanza la storia di un giovane, Charlie Sheen (che appare in una breve scena in questo film) che tradisce il padre. Conflitti eterni e universali, che risalgono all'antica Grecia. Avidità, ingordigia, tradimento. In questo il quadro si allarga ancora di più". 

Come è cambiato Michael Douglas da allora?
"E' un attore migliore, ha sofferto, a prescindere da quello che sta attraversando adesso, col figlio Cameron in prigione per traffico di droga, un divorzio difficile, la malattia (Douglas sta combattendo un cancro alla gola, ndr). Gekko è un personaggio superficiale nel primo film, ma ora sentiamo che perfino lui ha un'anima, un cuore che pulsa: è finito in galera,  esce e non lo vuole più nessuno, nemmeno la figlia. Capiamo come  si barcameni tra recuperare la vita e l'ambizione che ancora lo divora. Adesso è un personaggio assai più interessante. Nel Wall Street originale Michael aveva sorpreso il pubblico perché fino ad allora nessuno lo aveva mai considerato un attore dotato di peso specifico. Ma adesso Michael ha alle spalle una vita vissuta intensamente, la sofferenza visibile sul suo volto. Nssuno può negare che dietro quella facciata da impeccabile semi-aristocratico, Michael abbia quel lato oscuro, anche se allora non si vedeva, quando sembrava vivere una vita dorata. L'usura della vita s'è fatta sentire pure su uno come lui, e Michael ha una straordinaria capacità nel proiettare la sua sofferenza e i suoi demoni sullo schermo. Il nuovo, vecchio Gekko ne guadagna tantissimo. Michael è coraggioso: lo si vede anche adesso da come conduce le interviste per il film, senza lamentarsi né battere ciglio. Un esempio di grande professionalità e forza di carattere".

Ha pensato di allargare la storia di Wall Street fuori da Manhattan?
"C'è tutta un'altra storia in effetti causata da Wall Street: il modo in cui i sindacati sono stati danneggiati da questa ultima crisi, così come i fondi di pensione. Il sindacato è stato fottuto dal sistema, il salario pro capite è fermo dal '73. Non è vero che i salari sono cresciuti man mano che l'America è diventata più produttiva. Ci sono CEO che guadagnano ?500 volte quello che guadagnano i lavoratori. Se avessimo lasciato Manhattan avremmo potuto narrare una seconda storia, ma ne sarebbe venuto fuori un altro film. L'unica persona della classe media nel film è quella interpretata da Susan Sarandon, la madre di Shia nel film, una brava infermiera che ha deciso di fare soldi con la compravendita di case, ma non lo sa fare, e deve chiedere al figlio soldi in prestito per i casini combinati. I tempi sono cambiati. Oggi negli Stati Uniti abbiamo 15 milioni di disoccupati, un enorme problema per il paese.  Ma ripeto, quello è un altro film... La povertà non parla, non alza la voce. La gente depressa e disoccupata non fornisce dramma né coinvolgimento. Non gliene frega niente a nessuno di vedere un film così. Io ci ho provato". 

Ma allora come definerebbe Money Never Sleeps?
"Una commedia di maniera. La vita va avanti, nessuno si farà male, i poveri spariscono e nessuno ne parla. Mio padre, che ha lavorato 50 anni a Wall Street, mi aveva detto: "Ma perché nessuno fa un bel film  sulla vera gente?" E' quello che ho cercato di fare. E' gente autentica". 

Nei suoi film ci sono quasi sempre protagonisti giovani maschi, madri e figli: una narrativa freudiana?
"Non ne so molto di psicoanalisi, mi è difficile capire Freud o Jung. Ma i rapporti tra figli e genitori hanno riempito le tragedie dalle calende greche. Mia madre ha esercitato ua grande influenza su di me. Uno dei miei film favoriti è Heaven and Earth, su una donna. Non è vero che faccio film solo su maschi. Ci sono forti donne in Nixon e in Nato il 4 di luglio. E Penso che Carey Mulligan sia  bravissima in questo nuovo film".

Condivide l'affermazione di Fidel Castro, su cui lei ha girato un paio di documentari, sul fatto che il capitalismo occidentale sia obsoleto come modello economico, e che quello cubano funziona meglio?
"Fidel non ha detto questo. Giudicando da certe recenti politiche del fratello Raul, Cuba sembra rifarsi piuttosto al modello vietnamita. Ma non mi va di giudicare Cuba. E' un paese su cui è calata una sorta di maledizione. Gli Usa le aveva promesso l'indipendenza dalla Spagna, alla fine del 1800, poi ce la siamo presa noi. Nel 1959 la storia è completamente cambiata. Non è stato Castro a porsi contro di noi, ma l'America a porsi sempre e comunque contro Cuba".

Sta girando un documentario di 12 ore per la TV sulla storia americana "non detta". Ce ne parla?
"Ci sto lavorando da tre anni, ed è un'estensione naturale del mio ragionamento storico: ci sono capitoli di storia che chissà perché non vengono ricordati, e di cui i media di allora si sono disinteressati. Una storia del '900 Usa di cui si parla poco o niente. E' un progetto che ho fatto per i miei figli, vedo i libri di storia che gli fanno studiare, e per quanto siano già migliorati rispetto a quelli su cui studiavo io da ragazzino sono sempre incredibilmente miopi. Io ho un approccio più pragmatico alla storia, analizzando i fatti, per me John Kennedy e Franklin Roosevelt sono degli eroi americani, e come loro altri sconosciuti che nel corso degli anni hanno saputo dire cose intelligenti".  

Lo scorso anno ha presentato un altro documentario, South of the Border, su Chavez, il presidente  del Venezuela. Come spiega il suo interesse per l'America Latina?
"Trovo che la situazione in America Latina sia incredibile. E' difficile intendere, anche osservandolo sotto microscopio, il processo di unificazione in corso tra i vari Paesi. L'America del Nord ha sempre rappresentato lo spirito corporativo intenzionato solo a sfruttare quei paesi. South of the Border è stato ricevuto malamente qui in Usa. Non a caso abbiamo  una politica estera isolazionista, con complessi di superiorità, e trattiamo l'America Latina come il nostro giardino a Sud, comunque un nostro possedimento. Qualunque cosa gli Usa facciano in Sud-America, fanno del male. Siamo incapaci di vedere la  storia come un fenomeno globale,  in cui conviamo con altri, tutti insieme. Noi invece ci riteniamo sempre l'eccezione: America first! L'etnocentrismo ce l'abbiamo nel DNA, ed è il nostro peggior difetto. Siamo un paese arrogante, da Washington a Wall Street".

Appoggia ancora il Presidente Obama?

"Mi riservo il giudizio finale. Ma faccio il tifo per lui. La scelta è tra lui o una fascista ignorante come come Sarah Palin!  Come dire, una scelta tra la vita e la  morte. Io prediligo la vita".

Alcuni dei tratti dei personaggi dei suoi film sono un grosso ego, ambizione, capacità di manipolare, oltre a una grande intelligenza: pensa siano caratteristiche che le appartengono anche un po' come regista?
"Io penso di avere dentro di me un po' di Gordon Gekko, un po' di Jim Morrison, un po' di Jim Garrison. Ma non penso che puoi essere un figlio di puttana se vuoi fare film. Devi avere una natura aperta, amichevole. Ho diretto 20 film, a volte se guardo indietro sono sorpreso di essere sopravvissuto tanto. Ma io sono ancora qui, e la Merrill Lynch non c'è più. Ride bene chi ride ultimo".

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