La giornata tipo dei due comincia più o meno alle 6.45: si svegliano, accompagnano le rispettive figlie di sei anni a scuola. Sono operativi in ufficio alle 8 e mezza. Si dedicano al trading per un paio d'ore, dopodiché «se è bel tempo - racconta Rick - andiamo a giocare a tennis a Central Park, di solito un doppio con altri due colleghi di Briargate. Se invece piove, andiamo a vedere un film in un cinema del Financial District».
Arriva così l'ora del pranzo, di solito il momento in cui incontrare qualcuno, per poi sfogliare i giornali, navigare in internet o andare in palestra. «In questa stagione, con una giornata bella come oggi - dice ancora Rick - è molto piacevole stare sul rooftop a leggere un libro». A volte rimane il loro programmatore, Dorron Lemesh, 37 anni, «di guardia» in ufficio. Alle due e mezza si torna ai posti di combattimento, fino alla chiusura.
La loro vita passata assomiglia invece a quella dei tanti trader in giacca e cravatta che non si allontanano dalla postazione e si consumano in concitate contrattazioni, pur in fasce orarie specifiche. «Io l'ho fatto per 20 anni, Steve per 15», aggiunge Rick, rievocando la stagione alla Van der Moolen Holding, società che alla fine del 2007 vendette il loro ramo d'azienda a Lehman Brothers (poi finita come sappiamo). Nel 2008 l'idea di Briargate, anagramma che sta per arbitrage, e la decisione di vivere nel modo descritto, figlia della loro lunga esperienza.
Quanto questa scelta sia diffusa e quanto invece sia un caso isolato, non lo sanno dire. «Sicuramente l'età delle persone che giocano a tennis a Central Park nei campi vicini è molto più alta o molto più bassa della nostra», sorride Rick. Anche se la tendenza del mercato è in effetti quella di essere «vivo» in quegli spazi di tempo, peraltro sempre più ridotti. Secondo un rapporto di Thomson Reuters, infatti, più della metà del trading nell'arco di una giornata si concentra lì. Ad agosto, la prima e l'ultima ora hanno prodotto il 58% del volume delle contrattazioni, dal 45% dell'agosto del 2005. Il punto è che non tutti possono concedersi la libertà di Rubinstein e Oscher, che essendo i proprietari della società e mettendo sul piatto solo le proprie risorse, non rendono conto a nessuno e lavorano in piena autonomia: «Non abbiamo clienti, non abbiamo padroni. Siamo fortunati», dice con convinzione Rick. «Significa - conclude Steve - che con questa impostazione le nostre entrate arrivano a ridursi anche del 10%? Sì, può darsi. Ma non mi è mai capitato di dire a me stesso "avrei potuto lavorare di più, ieri"».
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