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22 giu 2010

"La Padania non esiste"

Movimento giovani Padani

La Padania non esiste, non è mai esistita ed è solo «un'invenzione propagandistico elettorale», come «la bandiera con il sole delle Alpi», o il Va pensiero preso a prestito per farne l'inno padano. Ma sarebbe un grave errore derubricare come mere «goliardate» le provocazioni del Carroccio che vanno invece «contrastate» perché minano la «coesione nazionale». A lanciare il monito è Gianfranco Fini. Lo fa con tono pacato, riproponendo concetti espressi più volte nel corso degli ultimi mesi, durante il convegno organizzato dalle fondazioni Farefuturo e Spadolini. Ma la scelta del presidente della Camera di pronunciarli proprio all'indomani del raduno leghista a Pontida non può essere sottovalutata. 
Fini non teme la secessione. L'Italia – aveva detto già in un'intervista sul giornale israeliano Yediot Aharonot – non è il Belgio, non ci sono etnie, lingue diverse. La lega non vince perché propone di dividere il paese ma perché risponde ai bisogni del cittadino. Il pericolo allora non è tanto l'invenzione della Padania – spiega il presidente della Camera rispondendo a Stefano Folli del Sole 24 Ore – ma il relegare «l'italianità in una sorta di operazione museale», nel non rendere vivi quei «valori non trattabili» alla base della nostra identità. I «tentativi propagandistici» del Carroccio vanno perciò contrastati da chi ha responsabilità politiche ma allo stesso tempo è indispensabile un'abile «azione culturale e pedagogica» attraverso la quale si riaffermi cosa si intenda per nazione. E questo passa anzitutto per l'assunzione di responsabilità da parte della politica, che invece è sempre più distante dai cittadini i quali oggi paiono sempre più disincantati e «rassegnati», anche a causa degli scandali che i coinvolgono il ceto politico. «Siamo passati da una fase in cui il ceto politico aveva comportamenti extra o contra legem per finanziare il sistema a una fase in cui la questione morale e politica è legata solo a comportamenti individuali: oggi non si va contro la legge per far fronte ai costi della politica ma per interesse personale».
Alla Lega ovviamente le osservazioni di Fini non sono piaciute. «C'è chi lavora per realizzare il federalismo, e conseguentemente la coesione, e chi, invece, si dedica alla filosofia...», ha detto Roberto Calderoli senza citare l'ex leader di An. E proprio il ministro per la Semplificazione assieme a Umberto Bossi ieri sera era ad Arcore a cena da Silvio Berlusconi dove era presente anche il neoministro per l'attuazione del federalismo Aldo Brancher. Al desco del Cavaliere si è parlato certamente delle competenze di Brancher. In realtà nessuno teme che il neoministro possa in qualche modo aggredire il "territorio" curato dal Carroccio. Il problema per Bossi non è né Brancher e neppure Fini ma il riuscire a portare avanti il federalismo nonostante la crisi finanziaria e la manovra. Questo è il vero timore per il leader del Carroccio, che domenica si è visto i suoi sindaci non salire sul palco in segno di protesta per i tagli imposti dalla finanziaria. Ed è per questo che Bossi non si è fatto scrupolo nei giorni scorsi di andare da Fini e di sostenere la posizione del presidente della Camera per una modifica sostanziale del testo del ddl sulle intercettazioni.

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