Santoro-Rai, otto anni fa l'editto bulgaro
ROMA (18 maggio) - Ruvido, istrionico, politicamente scorretto, vulcanico e combattivo: Michele Santoro lascia - se pure consensualmente - la Rai, l'azienda con la quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale, di amore e odio ma che ha contribuito a rinnovare profondamente. Per Santoro si chiude una fase, quella delle barricate e della lotta, per lasciare posto ad un'altra, nuova e di natura sperimentale. Dopo Raiperunanotte e il lancio di una inedita piattaforma multimediale, forte del successo ottenuto, Santoro gira pagina perché - come tante volte lui stesso ha confidato in passato - "non si può sempre recitare la stessa parte in commedia". La storia con la Rai è lunga quasi una vita, costellata di strappi, caratterizzata da bracci di ferro, di polemiche roventi, di addii dolorosi e di ritorni polemici. È il 1987 quando prende vita Samarcanda su Raitre e con lei nasce la nuova piazza televisiva: in primo piano la gente, i soprusi, le storie di persone emarginate, delle vittime e degli oppressi. Lo stesso Santoro inventa la figura del conduttore in piedi, molto più di un arbitro in quella che è una vera e propria arena dove si discute fino a litigare. I format si susseguono con un successo all'inizio imprevisto: dopo Samarcanda, è la volta del Rosso e Nero (1993-1994), poi di Tempo Reale (1994-1996) sempre su Raitre. Ma è dietro l'angolo c'è quell'inquietudine che fa di Santoro un personaggio mediatico: in modo clamoroso molla la Rai e va a Mediaset a condurre Moby Dick su Italia 1, dove resterà per circa un triennio. La fase più calda della sua carriera sta per iniziare: rientra a Viale Mazzini con Circus su Raiuno (1999-2000), poi è il turno del Raggio Verde su Raidue (2000-2002). È l'inizio di una strada tutta in salita durante la quale si consuma lo show down con Silvio Berlusconi che lo accusa di faziosità, di imbastire processi televisivi, di essere pietra dello scandalo per il servizio pubblico. È il 16 marzo 2001 quando Berlusconi irrompe al Raggio Verde con una telefonata in cui scarica sul conduttore tutte le sue accuse e soprattutto gli ricorda di essere un dipendente del servizio pubblico, intimandogli di attenersi alle regole. Santoro chiede alla regia di interrompere la telefonata e chiude così: «Sono un dipendente della Rai ma non sono un suo dipendente». Al centro delle polemiche infuocate la puntata sullo stalliere di Arcore Vittorio Mangano e sui rapporti tra Marcello Dell'Utri e Cosa Nostra: scontro giocato a colpi di esposti da parte di Berlusconi e Forza Italia. È l'inizio della fine: a novembre del 2001 parte Sciuscià su Raidue. Il 18 aprile 2002, Berlusconi lancia la fatwa da Sofia, meglio nota come editto bulgaro, accusando Michele Santoro, Daniele Luttazzi, Enzo Biagi di fare un uso criminoso del servizio pubblico. L'aria cambia decisamente. Michele Santoro è costretto a lasciare la Rai e lo fa alla sua maniera: nella puntata di Sciuscià del giorno successivo, il giornalista intona il canto partigiano Bella ciao, senza base musicale e con la voce rotta dall'emozione. Il 31 maggio in onda l'ultima puntata: il Cda Rai, a maggioranza di centrodestra, cancella il programma, per «motivi di tutela aziendale»; verranno licenziati e allontanati dalla Rai anche Biagi (rapporto cessato per scadenza del contratto e non rinnovato) e Luttazzi. Santoro imbocca la via legale contro la Rai e nel frattempo si candida all'europarlamento con l'Ulivo di Romano Prodi. Ma l'esperienza politica non fa per lui e si chiude in anticipo: il 19 ottobre 2005 presenta le sue dimissioni da parlamentare europeo per partecipare alla prima puntata del programma televisivo Rockpolitik condotto da Adriano Celentano. Santoro vince la battaglia legale e torna in televisione il 16 settembre 2006 con Annozero: da allora la sua permanenza è costellata di inciampi, avvelenata da continui e violenti attacchi politici. La presenza di Marco Travaglio e di Vauro non aiuta e tra alti e bassi il programma va avanti fino ad oggi. Con la par condicio, l'ultima battaglia: quella di Raiperunanotte che rappresenta l'ostinazione e la voglia di andare in onda contro tutti e tutto. Sfiora il licenziamento ma ancora una volta Santoro "vince" l'ennesimo braccio di ferro all'indomani dello scandalo intercettazioni nell'inchiesta di Trani con Berlusconi che ne chiede nuovamente la cacciata. Oggi la separazione consensuale, maturata in solitudine senza confidarsi con nessuno, nemmeno con i suoi collaboratori: il giornalista dà appuntamento a tutti a dopo la firma dell'accordo. Solo allora spiegherà le sue ragioni. |
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