Corsa al pensionamento per evitare il pagamento a rate previsto dalla manovra
ROMA —Il testo definitivo dei provvedimenti che comporranno la manovra di aggiustamento dei conti pubblici non c'è ancora, ma i suoi effetti si sentono già. Nel settore pubblico è partita una corsa forsennata al pensionamento. Negli uffici e nei corridoi dei ministeri e delle altre amministrazioni non si parla d'altro. In particolare nella scuola, ma anche fra i magistrati e negli enti pubblici. Davanti agli uffici che distribuiscono i prospetti pensionistici, in qualche momento si è formata la coda, magari anche solo per chiedere informazioni. Tutti vogliono capire quanto prenderebbero andando via ora, evitando così la rateizzazione della buonuscita (fino a tre anni) prevista dal decreto legge che arriverà in Gazzetta Ufficiale la prossima settimana.
Per riuscire a scansare la penalizzazione bisognerà che le domande siano state accolte prima che le nuove norme entrino in vigore. Solo così si potrà ottenere la liquidazione in un'unica soluzione come è stato finora. Molti lavoratori non sanno bene cosa fare. Da un lato vorrebbero evitare la tagliola sulla buonuscita dall'altro temono che, una volta presentata la domanda di pensione, siano costretti a lasciare il lavoro anche se la norma dovesse subire modifiche o magari essere cancellata durante l'esame parlamentare. È facile prevedere infatti che su questa parte della manovra saranno presentati molti emendamenti e si scateneranno molte pressioni per rivedere la norma. In soli tre giorni le domande di pensione presentate o preannunciate sono aumentate in modo esponenziale. Secondo le disposizioni contenute nel decreto all'esame del Quirinale solo le liquidazioni inferiori a 4 volte il minimo, cioè a circa 24 mila euro, verrebbero pagate in un'unica soluzione. Ma in questo caso non ricade quasi nessuno perché una buonuscita dopo 35-40 anni di servizio supera molto spesso i 50 mila euro e quindi, secondo la manovra, verrebbe pagata in tre anni.
La rateizzazione prevede infatti che per gli importi tra 24 e 48 mila euro il versamento avvenga in due anni (per esempio 24 mila il primo anno e 24 mila il secondo) e sopra i 48 mila in tre anni. Non solo. Dal 2011 in poi (pro rata) le annualità di servizio verrebbero calcolate ai fini della buonuscita con gli stessi criteri del Tfr (lavoratori privati), cioè con un'aliquota del 6,91%, anziché col più vantaggioso sistema del Tfs (dipendenti pubblici) dove viene computato l'80% dell'ultimo stipendio per gli anni di servizio. Con queste misure lo Stato risparmierebbe tra un miliardo e un miliardo e mezzo all'anno. Ma forse, a questo punto, i calcoli andranno rifatti, perché davanti a un massiccio esodo bisognerebbe considerare un maggior risparmio in termini di retribuzioni, ma anche una più forte spesa pensionistica. Il tam tam delle voci sta spingendo alla presentazione delle domande migliaia e migliaia di dipendenti dell'Inps, dell'Inail, dell'Inpdap e degli altri enti previdenziali, dove le informazioni corrono velocemente e vengono valutate in tutte le loro conseguenze sulla busta paga e sulle prospettive di pensione.
Valutazioni che stanno facendo anche i dirigenti di tutte le amministrazioni, che al danno subito sulla buonuscita aggiungono quello sulla retribuzione, che dal 2011 verrà tagliata del 5% per la parte eccedente 90 mila euro e del 10% sopra i 130 mila. Decine di direttori generali, capi dipartimento e dirigenti, anche di seconda fascia, e ispettori capo ieri hanno presentato domanda di pensione. Solo tra i dipendenti del Csm (Consiglio superiore della magistratura) sono state 5 le domande depositate. In Corte di Cassazione hanno deciso di lasciare un paio di consiglieri e dicono che qualche decina potrebbe presto seguirli. All'Inps c'è allarme perché, su 27 mila dipendenti, quasi un terzo ha i requisiti per andare in pensione di anzianità o di vecchiaia. Su circa 1.200 dirigenti, se ne andassero via alcune centinaia, l'ente entrerebbe in crisi, anche perché accanto alla fuga verso la pensione bisogna considerare l'effetto della proroga del blocco del turn over, contenuta nella stessa manovra, che consente l'assunzione di non più di due lavoratori ogni dieci che vanno in pensione.
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