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21 mag 2010

«Guadagno 289 mila euro da dirigente pubblico. Nel privato erano ben di più»

«MEGLIO MENO STIPENDIO FISSO E PIÙ BONUS. ABBIAMO FORTI RESPONSABILITÀ»


Il supermanager Sala: di sicuro non mi lamento. Ma con i tagli generalizzati esodo dei migliori

Giuseppe Sala, direttore generale del comune di Milano
Giuseppe Sala, direttore generale del comune di Milano
ROMA - Premessa d'obbligo: «Dello stipendio non mi lamento. Con i tempi che corrono 289 mila euro non sono da buttare via». Anche perché quella retribuzione, 250 mila euro fissi più 39 mila variabili, colloca il direttore generale del Comune di Milano Giuseppe Sala, secondo il Fisco, fra i 76.888 contribuenti più facoltosi d'Italia. Ed è da sottolineare: contribuenti.

Certo, rispetto a quanto Sala guadagnava al tempo in cui era direttore generale di Telecom Italia, e parliamo di due milioni e mezzo di euro l'anno, possono sembrare briciole. Ed è anche per questo che lui si considera nel panorama della pubblica amministrazione una figura «anomala». Anche se lo è fino a un certo punto. Perché quando Giulio Tremonti comincerà a tosare i manager pubblici, non lo risparmierà. E questo, comprensibilmente, non rende felice né lui, né i dirigenti che dipendono da lui. I quali, prevede, «saranno colpiti tutti, naturalmente ». Perché tutti guadagnano oltre i 100 mila euro l'anno, la cifra incriminata. «Dimostrazione che la pubblica amministrazione tutto sommato paga ancora poco». Poco? 120 o 130 mila euro l'anno sono pochi? «Quello dei manager pubblici è un mondo talmente eterogeneo che interventi generici sono sempre poco sensati. C'è chi sta in prima linea e viene presentato come un semplice burocrate, e chi invece sta al sicuro in un ministero, o in un altro ufficio pubblico, con poche responsabilità».

Il direttore generale del Comune di Milano, per esempio, si considera uno di quelli «in prima linea, sotto una tensione continua, con rischi seri», perché di eventuali errori «si risponde anche patrimonialmente». Per non dire, aggiunge, «dei miei collaboratori che hanno migliaia di persone alle dipendenze, più di 30 anni di esperienza e portano a casa 160 mila euro l'anno. Sono tanti? Sono troppi?» Comunque sia, Tremonti ha deciso che vanno tagliati. «E le loro responsabilità dove le mettiamo? Vede, oggi ci sono due categorie di dirigenti pubblici: chi nasce e fa carriera nell'amministrazione e chi viene al contrario ingaggiato all'esterno dal privato, a tempo determinato. In questo modo si rischia di disincentivare questo percorso. Contenere le spese va bene, ma c'è un limite». Il caso del Comune di Milano, secondo Sala, è un caso da manuale: «Questa è un'azienda che è molto più azienda di tante aziende private. Crede che i suoi dirigenti non abbiano un mercato, con retribuzioni di quel livello? Prendiamo quelli che si occupano di questioni urbanistiche. Siamo certi che gruppi come, faccio un esempio, Ligresti, non potrebbero offrirgli cifre molto più appetitose? Qualche caso si è già verificato...»

Decisamente, dunque, i tagli orizzontali di Tremonti non gli piacciono. «A giudicare dai provvedimenti presi finora», dice Sala, «nel governo ci sono due diverse impostazioni. Quella di Roberto Calderoli, che afferma il principio del contenimento delle posizioni amministrative. Cioè, un comune che non ha un tot di abitanti non può avere un direttore generale. Poi c'è la linea di Renato Brunetta, che punta sull'incentivazione e la trasparenza. Facendo sì che la collettività possa conoscere quanto guadagno e quanto rendo. Questo principio mi pare più accettabile, per tutti». Anche per chi deve far comunque quadrare i conti, e considera indispensabile tagliare? «Oggi il 10-15% della retribuzione di un manager pubblico è variabile. Dipende dai risultati. Sarebbe sufficiente accrescere la proporzione della fetta variabile».

Sempre che poi, però, non accada come al solito: che tutti quanti alla fine dell'anno, senza alcuna distinzione, si ritrovano un bel dieci in pagella. Passando dal taglio orizzontale al bonus orizzontale. «Credo che ci sia spazio per un intervento, serio, con il quale dare più peso ai risultati. Sono convinto che i dirigenti non l'accoglierebbero negativamente. Va considerato che nella pubblica amministrazione il numero dei manager a tempo determinato è cresciuto, e queste persone sono mentalmente più disponibili a un discorso del genere ». Al Comune di Milano, calcola Sala, «saranno circa il 30%. Tutta gente consapevole del fatto che alla scadenza del mandato del sindaco potranno essere confermati o meno. E tenga presente che costoro, i quali subiranno i tagli orizzontali della retribuzione, sono decisamente meno garantiti rispetto ai loro ben più remunerati colleghi privati». Possibile? «Altro che possibile, sicuro. Il dirigente pubblico preso dall'esterno, una volta scaduto il contratto, se non viene rinnovato va via e basta. Spesso senza nemmeno la classica stretta di mano. Mentre il dirigente privato che chiude il rapporto con l'azienda ha sempre diritto a una buonuscita dignitosa». Soltanto una considerazione: come sarà possibile modificare a colpi di tagli i contratti in essere? In Spagna, la faccenda è già finita davanti ai giudici.

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