IL CASO
"Mai fatto i nomi di Scajola e Verdini"
E Berlusconi smentisce Vespa
Il presidente del Consiglio sull'anticipazione del libro: "Confermo la mia fiducia a Denis". Il giornalista: "Precisazione corretta". Matteoli respinge le dimissioni di Incalza: "Resta al suo posto"
ROMA - "Mi dispiace che un banalissimo equivoco rischi di far nascere un caso che non esiste. Non ho mai pronunciato i nomi di Scajola e di Verdini, né altri nomi''. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, corregge un'anticipazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa, 'Nel segno del Cavaliere' e in una nota afferma di confermare "la propria fiducia nell'onorevole Denis Verdini quale coordinatore nazionale del Popolo della Libertà".
Il caso. Nell'anticipazione del libro di Vespa si legge che il premier aveva detto a Bruno Vespa, in merito ai casi Scajola e Verdini: "Si tratta di casi personali e isolati che nulla hanno a che vedere con l'attività del Governo e del partito. Dagli ultimi sondaggi risulta che per l'opinione pubblica è chiaro che questi casi non hanno nulla a che vedere né con l'attività di Governo né con quella del partito. Una cosa è certa: il Popolo della libertà non ha mai ricevuto finanziamenti illeciti da nessuno e semmai è stato il presidente del Consiglio ad intervenire sulle finanze interne con mezzi propri".
Dopo le parole di Berlusconi Bruno Vespa ha confermato: "La precisazione del presidente del Consiglio è corretta. Durante la nostra ultima conversazione, in una domanda sui rischi di una nuova tangentopoli, ho fatto riferimento tra l'altro alle inchieste su Scajola e Verdini. Ma è vero che nella sua risposta il presidente non ha fatto nomi, come dimostra il testo riportato nelle anticipazioni del mio libro".
In merito, poi, all'ipotesi di una nuova Tangentopoli, sollevata dai giornali dopo l'inchiesta sugli appalti del G8, rispondendo a un'altra domanda di Vespa, Berlusconi la esclude in modo categorico, ma senza negare che ci possano essere mele marce da isolare e punire: "Non mi è piaciuta per nulla l'ennesima esibizione di isteria giustizialista, con la pubblicazione di centinaia di nomi di clienti di un'azienda presentati come se fossero tutti dei colpevoli. Non è gettando fango su degli innocenti che si fa giustizia. Se ci saranno uno, due, tre casi di comportamenti illegittimi saranno i magistrati ad accertarlo. E in questo caso - aggiunge il premier - ci sarà severità di giudizio e di decisione nei confronti di chi fa politica e ha responsabilità pubbliche. La nostra linea, da quando siamo scesi in campo, è sempre la stessa: nessuna indulgenza e impunità per chi ha sbagliato. In politica penso di avere portato una nuova visione morale, che non è solo quella di non rubare per sè o per il partito, ci mancherebbe, ma è soprattutto quella di mantenere la parola data agli elettori realizzando gli impegni assunti con il programma elettorale. Su questo, nessuno può darmi lezioni. E sfido chiunque ad affermare il contrario".
Nei giorni scorsi, era stato lo stesso Matteoli ad annunciare un incontro con il manager per avere un chiarimento sulla vicenda. Secondo i magistrati di Perugia Incalza sarebbe coinvolto nell'inchiesta per il presunto acquisto di un appartamento di via Emanuele Gianturco a Roma, in parte pagato con i fondi neri dell'imprenditore Diego Anemone.
Prima spiegare, poi governare. E sulla necessità che vengano chiarite le posizioni di quanti sono sottoposti all'attenzione da parte dei magistrati è tornato a parlare il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, oggi a Porto San Paolo, in Gallura, prima tappa del suo tour elettorale in Sardegna: "È doveroso che chi è sottoposto all'attenzione della magistratura - ha detto Di Pietro in relazione all'inchiesta della Procura di Roma sugli appallti dell'eolico nell'Isola che vede tra gli indagati il governatore sardo Ugo Cappellacci (Pdl) - spieghi che cosa ha fatto e poi governi. Far governare prima cinque anni - spiega l'ex Pm - una persona che deve rispondere dei propri comportamenti è come lasciare che i buoi escano dalla
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