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31 mar 2010

Berlusconi: "Ora le riforme"


RomaL’euforia della notte elettorale non l’abbandona neanche nel day after, tanto che nonostante le ore piccole alle sette e mezzo Berlusconi è già in piedi e, telefono alla mano, passa in rassegna tutti i neogovernatori. Si gode il successo il Cavaliere, visto che le urne l’hanno premiato non solo confermando la sua leadership e rafforzando il governo, ma pure in chiave esterna (eloquenti i commenti della mai troppo amata stampa estera) e interna (perché da ieri i cosiddetti guastatori avranno certamente meno margini di manovra). Berlusconi, però, è convinto che il risultato di queste regionali debba essere archiviato al più presto, così da concentrarsi sulla cosiddetta fase due e mettere mano alle riforme. Anche per questo, quando in tarda mattinata Fini alza il telefono e chiama il premier per fargli i complimenti («questo successo è arrivato soprattutto grazie a te») il Cavaliere replica con lo stesso tono cortese e ringrazia. Ora diamo il via a una «stagione riformatrice», concordano i due chiudendo una telefonata che ha il solo obiettivo di salvare le apparenze. Al di là delle ipocrisie, infatti, è chiaro che il risultato delle regionali ridisegna gli equilibri interni al Pdl, cementa la leadership indiscussa di Berlusconi che due anni dopo le politiche è sempre più in sella e mette all’angolo le aspirazioni di chi da anni pensa più al futuro che al presente. Non è un caso che sia Fini a chiamare il premier come non lo sono le tante premurose dichiarazioni dei finiani che si affannano a mettere le mani avanti (l’unico a non aprire bocca è Bocchino). Il presidente della Camera, dunque, gioca decisamente sulla difensiva e mette in archivio tutti i distinguo delle ultime settimane. E tanto è netto il successo che Berlusconi decide di non affondare colpi, pur nella convinzione - spiega in privato - che Fini tornerà presto a fare il «bastian contrario». Forse, già nel faccia a faccia che i due avranno dopo Pasqua. Visto che resta la divergenza di fondo sulla Lega, con l’ex leader di An che teme uno «schiacciamento» sul Carroccio («è un alleato importante ma non può dettare l’agenda», dice Ronchi) e il premier che invece gongola e si fa forte proprio del rilanciatissimo asse con Bossi. Il Cavaliere, però, ora non vuole perdere tempo in polemiche e spinge sull’acceleratore, tanto che in un lungo pranzo con Tremonti affronta nel dettaglio il capitolo della riforma fiscale. Oltre ad essere forte delle urne, infatti, ha dalla sua anche un Pdl che soprattutto al Nord è in agitazione proprio a causa di Fini. E pure se un’eurodeputata molto vicina al premier come Licia Ronzulli preferisce gettare acqua sul fuoco ed elogiare «il Pdl che è sempre più partito unico», non c’è dubbio che il fatto che in Lombardia si sia passati da otto consiglieri regionali di An a solo due ex An è per molti la conferma che le uscite del presidente della Camera sull’immigrazione hanno favorito un travaso di voti alla Lega. Un’accusa che in privato l’ex leader di An respinge con decisione perché - dice - le mie posizioni «non c’entrano nulla». Ma sul tavolo c’è soprattutto la riforma della giustizia, visto che Berlusconi - questo il suo ragionamento - considera il risultato elettorale come una sorta di sentenza popolare contro «certa magistratura». Tre anni, dunque, per affrontare il pacchetto riforme. Con il via libera di Bossi anche sul presidenzialismo e Fini che anche nella telefonata di ieri concorda sulla necessità di mettere giù al più presto un’agenda: riforme costituzionali e federalismo, riforma della giustizia, fisco e - se i conti lo consentiranno - riforma della previdenza sociale. Tutte materie dove «un confronto con l’opposizione è auspicabile», spiega Berlusconi. Che però non s’illude

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