nei giardinetti di largo 9 Novembre, davanti al locale mom
I due artisti che si firmano Moho: «Assurdo un cancello per ricordare il Muro abbattuto a Berlino vent'anni fa»
MILANO - Il mistero è svelato. Gli autori delle teste mozzate infilzate sulla cancellata dei giardinetti di largo 9 Novembre hanno un nome e un cognome. E anche un volto. Sono Sergio De Gasperi e Nader Youssef, che lavorano con lo pseudonimo di Moho. Due artisti, entrambi di 25 anni, che miravano a far riflettere i cittadini sul concetto di barriera e «il controsenso nel dedicare una cancellata a un muro abbattuto vent’anni fa». Certo una provocazione, «ma l’arte può esserlo. Una cosa sia chiara: non volevamo intimidire nessuno. Tantomeno l’amministrazione». Stupiti e lusingati. E ancora frastornati «dal clamore che ha suscitato la nostra opera».
Martedì mattina i residenti della zona hanno avuto una sorpresa. Sul cancello davanti al locale Mom, in viale Montenero, quarantuno teste di polistirolo. Alcune bruciate, altre con parrucche. Tutte diverse. Un gesto arrivato il giorno dopo il battesimo dei giardinetti 9 Novembre, in onore della caduta del muro di Berlino. Nessuna rivendicazione. E tutti si sono domandati chi poteva essere l’autore di un simile gesto. Il vicesindaco Riccardo De Corato: «Solo una schifezza. Andremo avanti con la nostra linea d’azione». È stata questa frase a colpirli di più: «Non ci aspettavamo che prendessero le nostre teste come un atto intimidatorio nei confronti dell’amministrazione». Anche perché quando «le abbiamo montate, si sono fermati in molti. Ci hanno fatto tanti complimenti. Qualche anziana si è messa anche a ridere».
Nessuno è sembrato insultato dall’installazione. Una reazione, quella dei cittadini, che ha avuto il valore di ricompensa per il loro lavoro. «Siamo agli inizi e questa opera, comunque ci è costata tre settimane di lavoro». E per due giovani non è sempre facile. I ragazzi sono amici dalle medie. Sempre insieme fino l’istituto tecnico Molinari. Le strade di Sergio e Nader si sono divise all’università. Il primo ha scelto l’Istituto europeo di Design e il secondo la facoltà di Geologia che ha lasciato «per un posto da dipendente». Poi hanno deciso di lavorare insieme. Due mostre collettive. Per il futuro tanti progetti. E alcuni potrebbero ancora stupire.
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