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14 nov 2009

Teste mozzate: «Provocazione sì, ma culturale»


nei giardinetti di largo 9 Novembre, davanti al locale mom
I due artisti che si firmano Moho: «Assurdo un cancello per ricordare il Muro abbattuto a Berlino vent'anni fa»



MILANO - Il mistero è svelato. Gli auto­ri delle teste mozzate infilzate sulla cancellata dei giardinetti di largo 9 Novembre hanno un nome e un cognome. E anche un volto. Sono Sergio De Gaspe­ri e Nader Youssef, che lavora­no con lo pseudonimo di Moho. Due artisti, entrambi di 25 anni, che miravano a far ri­flettere i cittadini sul concetto di barriera e «il controsenso nel dedicare una cancellata a un muro abbattuto vent’anni fa». Certo una provocazione, «ma l’arte può esserlo. Una cosa sia chiara: non volevamo intimidi­re nessuno. Tantomeno l’ammi­nistrazione». Stupiti e lusingati. E ancora frastornati «dal clamore che ha suscitato la nostra opera».

Mar­tedì mattina i residenti della zo­na hanno avuto una sorpresa. Sul cancello davanti al locale Mom, in viale Montenero, qua­rantuno teste di polistirolo. Al­cune bruciate, altre con parruc­che. Tutte diverse. Un gesto arri­vato il giorno dopo il battesimo dei giardinetti 9 Novembre, in onore della caduta del muro di Berlino. Nessuna rivendicazio­ne. E tutti si sono domandati chi poteva essere l’autore di un simile gesto. Il vicesindaco Ric­cardo De Corato: «Solo una schi­fezza. Andremo avanti con la nostra linea d’azione». È stata questa frase a colpirli di più: «Non ci aspettavamo che pren­dessero le nostre teste come un atto intimidatorio nei confronti dell’amministrazione». Anche perché quando «le abbiamo montate, si sono fermati in mol­ti. Ci hanno fatto tanti compli­menti. Qualche anziana si è messa anche a ridere».

Nessu­no è sembrato insultato dall’in­stallazione. Una reazione, quel­la dei cittadini, che ha avuto il valore di ricompensa per il loro lavoro. «Siamo agli inizi e questa opera, comunque ci è costata tre settimane di lavoro». E per due giovani non è sempre faci­le. I ragazzi sono amici dalle me­die. Sempre insieme fino l’isti­tuto tecnico Molinari. Le strade di Sergio e Nader si sono divise all’università. Il primo ha scelto l’Istituto europeo di Design e il secondo la facoltà di Geologia che ha lasciato «per un posto da dipendente». Poi hanno deci­so di lavorare insieme. Due mo­stre collettive. Per il futuro tan­ti progetti. E alcuni potrebbero ancora stupire.

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