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29 ott 2007

I veri talenti dell'Italia


Imprenditori innovatori, lezione per il Pd
I veri talenti dell'Italia
di Francesco Giavazzi

Due anni or sono, quando il cambio fra dollaro ed euro raggiunse 1,34, il Cotonificio Albini, che dalle valli bergamasche serve le maggiori catene americane (Banana Republic, Crew, Brooks Brothers), si trovò in difficoltà: con un euro così forte esportare negli Stati Uniti diventava praticamente impossibile. Anziché abbandonare, l'azienda decise di trasformarsi: una nuova organizzazione del lavoro con un uso intenso di tecnologia, un nuovo stabilimento (in Puglia, non in Cina), nuovi disegni, spostamento degli acquisti verso l'area del dollaro e delle vendite verso la Russia, l'Oriente, l'America Latina, i Paesi che crescono di più. Oggi il cambio fra l'euro e il dollaro è 1,43 ma l'azienda prospera.
La Banca d'Italia ha analizzato un campione di 4.200 piccole e medie imprese per capire che cosa hanno fatto negli ultimi cinque anni. Ne emerge il ritratto di un mondo pieno di vita: alcune aziende marginali sono uscite dal mercato ma quelle che sono rimaste hanno investito, soprattutto a monte (in ricerca e sviluppo e in nuovi prodotti) e a valle (marchi, distribuzione in mercati lontani). Molte sono anche riuscite nel passaggio più difficile, quello generazionale, dal padre fondatore ai figli e ai nipoti, più raramente al mercato.
Partendo da Udine, l'Eurotech di Roberto Siagri ha conquistato una nicchia mondiale nei nano- computer, un settore che sembrava precluso a chi non risiedesse in California; un anno fa ha acquistato un'azienda negli Usa e una in Cina, Chengdu Vantron Technology. A Padova, Morellato si è trasformata da un'impresa artigianale in una piccola multinazionale, imitando la strada intrapresa molti anni prima da Luxottica. A Milano, Saes Getters è leader nella tecnologia dei cristalli ottici e dei sistemi che operano sotto vuoto o in atmosfere di gas puro. Ad Alessandria, Alberto Tacchella è tra i primi al mondo nelle macchine rettificatrici ad alta precisione. Non esiste solo la Fiat, che pure ha compiuto una svolta straordinaria.
E poi vi sono gli innovatori, imprenditori che vivono a cavallo tra l'azienda e i laboratori dell'università (sì, accade anche in Italia). Qualche volta non ce la fanno ma se un progetto fallisce passano a un altro. Uno dei settori più vivaci è la biotecnologia. La Newron di Luca Benatti, che collabora con l'Università di Milano su progetti per la cura del Parkinson ed è quotata in Svizzera. Dialectica di Dorotea Rigamonti, in cui ha investito State Street, una grande banca di Boston. Le aziende di Claudio Bordignon (Molmed), Alessandro Sidoli (Axxam) e Francesco Sinigaglia (Bioxell), quest'ultima pure quotata in Svizzera, nel parco scientifico del San Raffaele. Gentium di Laura Ferro, quotata al Nasdaq, che sviluppa farmaci per oncologia e malattie rare, e mi scuso se ho citato solo alcuni dimenticandone tanti. Di questi imprenditori i giornali si occupano raramente. E' un mondo molto lontano dai politici che ogni giorno ripetono che è essenziale rifare la legge elettorale ma poi, anziché chiudersi in Parlamento e non uscirne finché non ne abbiano approvata una nuova, passano le sere a parlarne alla televisione. Lontano anche da imprenditori più famosi, grandi banchieri e monopolisti di telefoni ed energia che non sanno cosa sia la concorrenza internazionale e si sostengono a vicenda incrociando le partecipazioni azionarie.
A Walter Veltroni mi permetto di dare un consiglio. Prima di iniziare la sua nuova avventura chieda a uno di questi imprenditori di ospitarlo nella sua azienda per un periodo «sabbatico» e cerchi di capire che cosa significhino in concreto talento, eccellenza, merito, concorrenza, che cosa vuol dire saper decidere e rischiare.

29 ottobre 2007

corriere

Questo bell'articolo non ha bisogno di commenti.
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