IL CASO - IL PATRIMONIO IMMOBILIARE DELLA CAPITALE NEL CAOS DA 20 ANNI. E SENZA UN'ANAGRAFE
Il paradosso: è costretto a occupare immobili privati mentre concede case e bar a in centro a prezzi stracciati
Con lui, fatto più importante, si devono accontentareanche tutti i cittadini della capitale d'Italia. Nonostante una legge stabilisca che debbano essere informati su come vengono impiegati i loro soldi. Tanti soldi. Nel 2012 il Comune di Roma ha speso per affittare immobili dai privati (e senza considerare gli affitti delle municipalizzate) una cifra stratosferica: 106 milioni e 780 mila euro, dicono le delibere. Che fa 38 euro per ogni abitante. Sappiamo che nel totale sono compresi anche i canoni pagati per far fronte a situazioni di disagio sociale. Ma è una somma comunque sbalorditiva, se confrontata alle dimensioni di un patrimonio cittadino dell'ordine delle trentamila unità immobiliari fra appartamenti, uffici, edifici e locali commerciali. Non lo è, al contrario, ricordando le stime impressionanti di quanto Stato, enti pubblici, Regioni e amministrazioni locali versano complessivamente ogni anno ai privati per gli affitti: una dozzina di miliardi. Senza che neppure esista un quadro unitario e preciso di tutta questa incredibile massa di contratti.
Dunque non può meravigliare che la città di Roma non abbia un'anagrafe pubblica del proprio patrimonio immobiliare. Che per complicare un po' le cose è pure gestito da tre soggetti diversi: un dipartimento comunale, i vari municipi e la società privata Romeo. Il problema è aperto da un ventennio. Ma la delibera che istituisce quell'anagrafe è stata approvata soltanto a settembre del 2012 e a distanza di un anno e mezzo da quando l'aveva proposta il consigliere Alessandro Onorato. Senza astenersi nell'occasione dal girare il coltello in un'antica piaga mai sanata. «Ci sono centinaia di appartamenti e negozi affittati a pochi euro. Come una piccola abitazione a piazza Navona affittata a 79 euro al mese e un bar su piazza Santa Maria in Trastevere che ne paga 52, solo per fare alcuni esempi», denunciava l'allora capogruppo dell'Udc. Rendendo in questo modo ancora più lampante la sproporzione fra il rendimento del patrimonio e l'esborso per gli affitti passivi.
Si dirà che con 25 mila dipendenti, tanti sono quelli dell'amministrazione capitolina, è inevitabile fare ricorso anche a immobili di proprietà privata. Sarà. Ma qui si parla di un costo procapite per dipendente che si aggira intorno ai 4 mila euro l'anno. Non è oggettivamente sorprendente? E può essere ritenuto normale che la missione di tenere i collegamenti fra la miriade di uffici comunali sia affidata a un centinaio di quelli che una volta si definivano i «camminatori», persone incaricate di portare le carte da un ufficio all'altro? Non a piedi, naturalmente: le dimensioni urbane sono tali da imporre l'uso delle vetture di servizio.
In una città che conta 15 municipi, con altrettanti presidenti, 90 assessorini e relativi uffici, non ci sono alternative. A meno di non voler usare di più e meglio le tecnologie, per esempio la posta certificata. Ma poi che ne sarebbe di tutto il resto? Secondo un articolo pubblicato dal Messaggero nell'agosto del 2011, il Comune di Roma spende 17 milioni l'anno per far marciare 226 auto, di cui 109 di rappresentanza. Cifra ovviamente comprensiva dei 9 milioni necessari a pagare i 254 autisti.
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