I parlamentari italiani sono i più pagati d'Europa
Ma il loro «public fit» è calato del 10% in 20 anni
L'ex premier Silvio Berlusconi, «sceso in campo» nel 1993 dopo una
lunga carriera da imprenditore. Classico esempio di «market fit»
Dal 1948 al 2006 il reddito medio reale lordo dei parlamentari
italiani è cresciuto del 10% all'anno. Nel 1985 guadagnavano
l'equivalente di 80 mila euro all'anno. Nel 2004 superavano i 14o
mila. I nostri rappresentanti politici alla Camera e al Senato sono i
più pagati d'Europa. Sono anche i più efficienti? O meglio, sono le
persone più adatte a ricoprire il prestigioso e altamente remunerato
incarico? Per dare una risposta a questa domanda due economisti
italiani hanno analizzato l'attività del Parlamento italiano,
fotografato nel 2006, la quattordicesima legislatura. Il risultato è
che, dati alla mano, il politico italiano costa di più e rende di
meno.
PERCHÈ SI FA POLITICA - In Moneycracy, Alessandro Fedele
dell'università di Bolzano e Pierpaolo Giannoccolo dell'università di
Bologna, asseriscono che «pagare molto non dà migliori politici». Al
contrario, salari così alti inducono alla candidatura persone con alte
capacità, ma con un approccio «poco pubblico» alla politica, un modo
di fare tipico di chi ha maturato esperienze nel settore privato.
Fedele e Giannoccolo desumono due categorie di parlamentari: il public
fit e, appunto, il market fit. La prima è costituita da coloro che
raggiungono il Parlamento dopo un cursus politico o di partito. La
seconda è invece composta da chi proviene dalle professioni,
dall'impresa, dal lavoro. In una parola dal mercato.
Il grafico che correda l'articolo di Fedele e Giannoccolo
LE QUALITÀ DEL POLITICO - «Sono considerati politici "bravi" quelli
dotati di abilità riconosciute e remunerate nel mercato», argomenta il
saggio. «Tale approccio sembra tuttavia non tener conto di alcune
peculiarità del settore pubblico, in generale, e di quello politico,
in particolare. Diversi studi, economici e non, hanno sottolineato
l'importanza di elementi che influenzano la decisione di candidarsi e
l'impegno dei politici una volta eletti. Tra questi, la motivazione
per il pubblico servizio (public service motivation) gioca un ruolo
importante». Gli autori la definiscono «predisposizione» per il
settore pubblico, «una marcia in più che si attiva se il candidato,
motivato per la politica, viene eletto». Se c'è public fit i valori e
i compiti tipici dell'attività politica sono assorbiti naturalmente e
«aumentano la gratificazione facendo conseguentemente diminuire lo
sforzo, il peso del compito assegnato». I dati raccolti sembrano
confermare l'ipotesi. In uno studio precedente realizzato da Fedele
con Paolo Naticchioni dell'università di Cassino, è emerso che i
neoparlamentari che vengono da una precedente carriera politica sono
meno assenteisti di quelli provenienti dal «mercato» (7% in meno di
assenze) e più produttivi, con una media di 8 Ddl contro i 7,45 (i
dati fanno riferimento alla tredicesima e quattordicesima
legislatura).
I RISULTATI FINALI - In politica, dunque, il public fitsembra un
fattore positivo. Eppure, numeri alla mano, i politici presenti in
parlamento con queste caratteristiche sono calati del 10% dal 1987 al
2006. Un dato in controtendenza rispetto a quello rilevato dalla World
values service (database che da 30 anni raccoglie i più svariati
orientamenti della popolazione mondiale), secondo cui il public fit
della popolazione italiana è cresciuto nello stesso periodo di 10
punti percentuali. Una divergenza sostanziale che per Fedele e
Giannoccolo si spiega proprio con il costante aumento degli stipendi
dei politici.
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