DOGFIGHTING: HEINEKEN ATTACCATA SUI SOCIAL NETWORK
La società olandese smentisce di aver sponsorizzato l'evento
«Condanniamo in ogni modo queste pratiche disumane»
PETIZIONI E BLOG FURIOSI - La fotografia in questione mostra le bestie che si accaniscono una contro l'altra, con il pubblico che le sta a guardare divertito in un'arena improvvisata, all'interno della discoteca Oasis di Ulaanbaatar in Mongolia, paese dove la pratica del dogfighting è molto diffusa. Sullo sfondo gli striscioni verdi con il marchio della birra. E, nonostante l'immagine sia apparsa per la prima volta in rete l'anno scorso, solo negli ultimi giorni ha avuto una propagazione virale. Ispirando petizioni on-line, articoli furenti dei blogger di settore e insulti contro i criminali che sfruttano questi animali per le scommesse, salvo poi farli vivere (e morire) in condizioni terribili. Ma non solo. Furiose lamentele sono piovute anche sul profilo Facebook dei birrai olandesi, accusati di trarre vantaggio e appoggiare una crudeltà simile. La replica? Dalla sede ufficiale di Amsterdam si sono subito dissociati con un comunicato ufficiale. «Siamo sotto shock e dispiaciuti e condanniamo pratiche così cruente nei confronti degli animali».
IL CONTROLLO DEL MERCHANDISING - Poi la precisazione. «Dopo un'indagine abbiamo appurato che il gestore del locale non aveva rimosso gli addobbi della serata promozionale avvenuta il giorno precedente al combattimento». E all'azienda non sono bastate le scuse del proprietario del locale che è stato immediatamente privato della licenza e delle forniture di birra. Dalla Heineken è arrivato anche l'invito agli utenti a segnalare altri episodi simili. «Quella foto è lontanissima dalle nostre politiche aziendali. Abbiamo sempre portato avanti campagne di comunicazione responsabili. Addirittura non sponsorizziamo nemmeno la boxe» dichiara Alfredo Pratolongo di Hieneken Italia. Il problema? «controllare che i distributori cui viene appaltata la gestione del merchandasing facciano rispettare le nostre policies aziendali».
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