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29 apr 2011

Il «pentimento» di Berlusconi «Con Umberto ho sbagliato»

«QUI C'È QUALCUNO CHE SI È MONTATO LA TESTA, MA NON È UMBERTO»

A cena: dovevo avvisarlo prima. Poi reagisce: con la Francia mai in ginocchio

ROMA - «Con Umberto ho sbagliato, ho commesso un errore, avrei dovuto avvertirlo prima...». Ogni tanto il Cavaliere, anche lui, fa autocritica. Due sere fa, a una cena romana in casa Rizzoli, Berlusconi ha detto chiaramente di aver steccato il metodo della decisione assunta dopo Pasqua: partecipare ai bombardamenti in Libia. Lo ha detto in una serata che ha giudicato molto gradevole, dove ha parlato molto, insieme a ministri e direttori di alcune testate giornalistiche, che si è conclusa alle ore piccole, sul marciapiede di una via della Capitale, a conversare con i cronisti, anche sul proprio stile di comunicazione: «Non mi avete capito, forse vi risulta incomprensibile quello che faccio, ma io non ho imparato a fare politica, non imparerò mai e non voglio imparare!». Alla cena organizzata dalla deputata del Pdl Melania Rizzoli il capo del governo ha offerto un'immagine di sé spensierata: «Con Bossi ci conosciamo da 20 anni, il governo non è affatto in pericolo, ma figuriamoci, non scherziamo con le cose serie, c'è qualcuno che si è montato la testa, ma non è Umberto».

Alla stessa cena, e in numerose conversazioni delle ultime ore, il dito del presidente del Consiglio è sempre puntato contro il ministro dell'Economia e quello dell'Interno, ma ogni parola sull'argomento è destinata a essere smentita da Palazzo Chigi. La versione ufficiale è quella offerta dallo stesso premier ieri sera: «Alla Francia non ci siamo inginocchiati, sono menzogne inventate dalla sinistra». Meno scivolosi altri argomenti. Tutti con un'eco che affonda nel vertice con Sarkozy. Su Parmalat, sull'assenso dato all'Opa lanciata da Lactalis: «Sono un liberale, le regole del mercato esistono per tutti, anche per noi». Sul cambio di registro in Libia: «È chiaro che è stata una scelta dolorosa, che sono preoccupato, nessuno è in grado oggi di prevedere come andrà a finire, ma rischiavamo di restare in mezzo al guado, non avendo fatto come la Germania era una scelta ormai inevitabile, anche per non restare tagliati fuori dagli investimenti».

A Palazzo Chigi la si mette in modo meno brutale, anche se gli investimenti delle aziende italiane in Libia (in corso o da confermare) superano ampiamente i 100 miliardi di dollari. Ma si fa notare quello che per i titoli dei media è quasi impossibile da cogliere: «Abbiamo già dato 6 basi militari su 12 coinvolte, abbiamo il comando navale, sin dal primo giorno siamo dentro le operazioni in modo molto profondo, aggiungere la possibilità per i nostri aerei di colpire alcuni obiettivi non cambia di molto la nostra posizione».

Eppure la Lega non la pensa così, nonostante Berlusconi ritenga che il voto che ha già espresso il Parlamento, supportato su questo punto da Napolitano, aderisca a una risoluzione Onu che già autorizza i bombardamenti. Eppure nel nostro Paese, osservava ancora due sera fa il Cavaliere, «si producono contorsioni che non dovremmo nemmeno sognarci»: una a proposito dei migranti, quelli che hanno causato più di un cortocircuito fra ministri e che invece «non dovrebbero essere tali, visto che siamo un grande Paese, che non possiamo andare in giro con il cappello in mano per 25 mila clandestini». Anche in questo caso, alla cena, dove Gianni Letta è arrivato in ritardo, ma in tempo per «fermare una storiella sulla quale non ti ho dato autorizzazione», tutti hanno pensato allo scontro in corso con la Lega.

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