'INTERVISTA | L'EX RESPONSABILE DEI BENI CULTURALI
«Le mie riforme liberali non comprese da Tremonti. Ascoltato più Muti di me»
Aveva ricevuto una piena fiducia in Parlamento e molti inviti a restare, fino a ieri stesso. Ma perché, alla fine, si è dimesso?
«Ho ricevuto la fiducia del Parlamento, è vero. Ho vissuto un periodo duro, caratterizzato dalle polemiche e dalle aggressioni nei miei confronti dopo il crollo di quel manufatto a Pompei, dalla presentazione di una mozione di sfiducia da parte delle opposizioni e dalle conseguenze del drammatico taglio delle risorse. Eppure nemmeno dopo la fiducia sono riuscito ad ottenere i fondi necessari per continuare le riforme che avevo intrapreso. Proprio in questi ultimi giorni poi, dopo l'ulteriore congelamento di fondi da parte del ministero del tesoro, la mia figura pubblica è stata letteralmente sottoposta ad un massacro mediatico».
Dicono che il suo vero nemico sia stato Tremonti. Ma perché ha subìto tutti quei tagli?
«La mia "colpa" è stata quella di non avere solo chiesto maggiori fondi, come tutti i miei predecessori, ma di avere impostato delle riforme liberali del settore. Questa mia posizione non è stata evidentemente compresa dal ministro Tremonti».
Cosa ha pensato quando invece Tremonti ha promesso un reintegro del Fus al Maestro Riccardo Muti e al sindaco di Roma, Gianni Alemanno?
«Tremonti ha concesso una attenzione al sindaco di Roma e al Maestro Muti ben superiore a quella che ha concesso a me come ministro. E credo inoltre che egli sia stato molto più sensibile agli editoriali del Corriere della Sera, che lo invitavano a comprendere le ragioni della cultura, piuttosto che alle mie preoccupazioni e alle mie proposte».
Non crede che Berlusconi avrebbe dovuto aiutarla proprio durante i giorni dei tagli?
«Il presidente Berlusconi non mi ha mai fatto mancare la sua vicinanza e comprensione».
Cosa pensa delle dimissioni di Carandini?
«Carandini è non solo un grande studioso e uomo di cultura, ma è anche persona intellettualmente onesta. Gli sono ancora grato di avere accettato la mia proposta di assumere la presidenza del Consiglio nazionale dei beni culturali e lo prego di restare al suo posto, perché il ministero, tanto più oggi, non può rinunciare al suo autorevole contributo».
Quale eredità crede di lasciare al dicastero?
«Ho cercato di cambiare, di stringere un'alleanza fra questo ministero e l'economia, sbloccando grandi opere pubbliche e agevolando la realizzazione delle metropolitane di Roma e di Napoli. Ho introdotto una nuova direzione per la valorizzazione del nostro patrimonio storico affidandola ad un manager come Mario Resca, cioè a competenze organizzative che fin qui mancavano. Ho difeso strenuamente le prerogative dello Stato nella difesa del paesaggio e dei beni culturali e ho esercitato questa prerogativa non guardando in faccia nessuno, come sa anche il sindaco di Roma a proposito del vincolo sull'Agro Romano, di cui sono veramente fiero».
Non la addolora che il reintegro del Fus sia arrivato proprio il giorno in cui lei lasciava il ministero?
«No, sono soddisfatto per il mio amico Giancarlo Galan, che può intraprendere questa sua nuova esperienza politica e di governo con maggiore tranquillità».
E adesso che farà?
«Come ho detto tante volte, il mio desiderio è restare al fianco del presidente Berlusconi: ed è l'unica cosa che mi tiene ancora legato alla politica. Ma non sono interessato a mostrine o ruoli particolare. Voglio cercare di offrirgli il mio contributo. E di svolgere bene il mio ruolo di senatore. Tutto qui».
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