Trenta indagati: amministratori, gestori dei pontili, rappresentanti forze dell'ordine. Nel mirino, un parente di Antonio Bardellino, vecchio boss dei Casalesi
(Reuters) |
Nel registro del sostituto procuratore Giuseppe Miliano sono finiti amministratori comunali, gestori dei pontili e rappresentanti delle forze dell'ordine. E perfino un familiare del defunto boss dei Casalesi, Antonio Bardellino. L'indagine dei carabinieri, denominata «Ponza nostra», venne avviata nel 2009 dopo l'aggressione ai danni di un avvocato di Formia, pestato a sangue nel suo studio. Due anni di intercettazioni hanno poi fatto miracoli.
I militari hanno ricostruito una fitta trama di intimidazioni e avvertimenti. Descritto il contesto di illegalità diffuse. Rivelato le pressioni esercitate, dal continente, su politici e amministratori al fine di ottenere concessioni, licenze, scorciatoie. Il quadro emerso è quello di un'organizzazione criminale che ha potuto contare sui favori di molte persone, addirittura tra le forze dell'ordine.
Le ipotesi di reato vanno dalla corruzione alla concussione, dal falso in atto pubblico all'abuso d'ufficio, negli ambiti più disparati. Il mare sempre sullo sfondo. Per il procuratore Andrea De Gasperis e per il pm Giuseppe Miliano gli indizi raccolti dall'Arma sono più che rilevanti.
Tra le tante curiosità emerse in sede di indagine una in particolare va menzionata: quasi tutti i gestori dei pontili sequestrati a Ponza due anni fa affidarono la propria difesa allo stesso legale, l'avvocato Stefania Petrenga, la moglie di Angelo Bardellino, nipote del boss morto in Sudamerica.
Tra gli amministratori comunali di Ponza in questi giorni la tensione è palpabile. «Non ne voglio parlare. Non è il momento, mi dispiace» dice il sindaco Pompeo Porzio. Non è il solo a declinare l'invito, è un po' come se tutta l'isola stesse con il fiato sospeso.
Del resto non è la prima volta che si adombrano sospetti su tentativi di infiltrazione malavitosa nel tessuto economico di Ponza. Nel maggio scorso il primo pericoloso campanello d'allarme: un incendio distrusse l'attività di rimessaggio barche di proprietà del fratello del sindaco, nella zona di Campo Inglese. Le fiamme divorarono il magazzino, diverse imbarcazioni, attrezzature costose. Danni ingentissimi, per oltre un milione di euro. Ad agosto un altro incendio distrusse un deposito di attrezzature subacquee, nei pressi del porto. A settembre infine andò in fiamme un chiosco bar alle piscine naturali. Troppi episodi, tante domande. E adesso è in arrivo la prima risposta, quella della procura.
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