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11 gen 2011

Assange: "Non ci sono fondi per il sito" I legali: se estradato rischia pena di morte

Il giudice inglese rimanda al 7-8 febbraio la decisione sulla richiesta di estradizione avanzata dalla Svezia. Soddisfatto il fondatore che in un'intervista alla radio dice: "Il denaro dei donatori non arriva. I nostri conti sono bloccati. Perdiamo 500mila euro alla settimana". Su Twiitter il suo commento alla strage di Tucson

LONDRA - Se Julian Assange sarà estradato in Svezia per essere sottoposto al processo per stupro, lo stabilirà la Corte inglese i prossimi 7 e 8 febbraio. Rilasciato su cauzione prima di Natale dopo aver trascorso nove giorni in carcere, il fondatore di WikiLeaks si è presentato in Corte in abito blu e cravatta e ha parlato solo per confermare i suoi dati personali. A aggiungere particolari sono stati gli avvocati. Il pericolo dell'estradizione secondo loro non è la Svezia, ma gli Stati Uniti. Se estradato "c'è un rischio reale" che "gli Usa cerchino la resa di Julian Assange" e che "finisca prigioniero a Guantanamo" o peggio "che rischi la pena di morte", hanno detto gli avvocati nella memoria legale presentata oggi in Corte.

Poi hanno citato precedenti che a loro avviso dimostrano "l'ingenuità della Svezia nel fidarsi di assicurazioni diplomatiche che le persone espulse non saranno maltrattate", tra i casi quello di Mohammed Alzery, espulso dalla Svezia in Egitto, una vicenda condannata dalla Commissione Onu per i diritti umani. Ma anche le dichiarazioni dell'ex candidato presidenziale repubblicano Mike Huckabee (secondo il quale i colpevoli della pubblicazione del Cablegate dovrebbero essere messi a morte per tradimento), e l'ex governatrice repubblicana dell'Alaska Sarah, che ha auspicato la caccia ad Assange come un membro dei talebani.

La richiesta di estradizione avanzata dal pm svedese Marianne Ny sarebbe comunque impropria perché Assange non è ancora stato incriminato ufficialmente. "Il mero sospetto - si legge nel documento dei legali - non dovrebbe dar vita a una richiesta di estradizione". La mancata incriminazione viene confermata da una lettera datata 20 dicembre 2010 proveniente dal rappresentanza consolare australiana con sede a Londra.

L'udienza è durata in tutto 10 minuti, ma l'aula era affollatissima come sempre. Per vedere il fondatore del sito c'erano anche Jemima Khan, una delle garanti della cauzione, e Bianca Jagger. Il giudice Nicholas Evans del tribunale di Woolwich oggi si è limitato a rinviare l'incontro decisivo per i primi di febbraio concedendo però al capo di WikiLeaks il permesso di risiedere al Frontline Club di Londra in quegli stessi giorni. Gli avvocati dell'australiano hanno infatti fatto presente le difficoltà di arrivare in tempo per l'inizio dei lavori dalla villa del Suffolk dove Assange si trova agli arresti domiciliari ospite del giornalista Vaughan Smith: "Ci siamo svegliati alle tre per arrivare in corte" hanno motivato.

All'uscita del tribunale Assange ha parlato con i giornalisti. Soddisfatto dell'esito di oggi, ha solo detto: "Il lavoro di WikiLeaks continua", ha detto. Ma le preoccupazioni oltre l'estradizione ora sono altre. WikiLeaks sta affondando. Non ci sono abbastanza soldi e, come ha detto Assange in un'intervista a radio Europe1, "non potrà più sopravvivere al ritmo attuale". Non a lungo. "Non potremo continuare per come vanno le cose - ha detto nell'intervista -. Il denaro dei donatori non arriva perché tutti i nostri conti sono bloccati. Valuto che perdiamo 500mila euro alla settimana". Ma, ha aggiunto Assange, "cercheremo di resistere e combattere". 

Per l'attivista australiano è "una situazione orwelliana". Che però non toglie le forze. "Da 20 anni - ha detto - mi batto per la libertà di stampa, sono abituato a queste situazioni". "Il numero delle nostre pubblicazioni quotidiane si è intensificato in questi ultimi tempi - ha proseguito - e continuerà ad aumentare. Gli attacchi contro di noi non sono mai stati così forti, ma al tempo stesso anche il sostegno che riceviamo non è mai stato così intenso". Anche per questo la pubblicazione degli oltre 250mila dispacci dalle sedi diplomatiche Usa nel mondo ha subito nelle ultime settimane una battuta di arresto. I media partner di WikiLeaks, New York Times, Le Monde, Der Spiegel Guardian non hanno di fatto pubblicato nuovi cable dall'inizio dell'anno. Qualcosa l'ha pubblicato il norvegese Aftenposten. Il sito ufficiale poi è fermo a 2017 file. I critici di WikiLeaks hanno evidenziato che "a questo ritmo" ci vorranno decenni per vedere pubblicati tutti i dispacci.

Su Twitter nel frattempo è uscito un commento di Assange sulla strage di Tucson in Arizona che ha causato 6 morti e 14 feriti, tra cui una deputata. "Nessuna organizzazione è più impegnata di WikiLeaks nel proteggere la libertà di parola, ma se politici e rappresentanti di spicco dei media incitano all'omicidio di certe persone o gruppi, devono essere perseguiti penalmente per istigazione all'omicidio". "WikiLeaks - prosegue Assange - ha uno staff di giovani, volontari e sostenitori anche nelle vicinanze dei luoghi da cui partono questi incitamenti. Abbiamo poi visto molte persone mentalmente instabili spostarsi dagli Usa e altri Paesi. Quindi dobbiamo mettere in piedi estreme misure di sicurezza".

L'hacker australiano infine, fa appello alle autorità americane perché perseguano questi incitamenti alla violenza, "una nazione civile non può avere figure importanti che chiedono l'omicidio", come nel caso di Sarah Palin ("Assange va braccato come i talebani"), Mike Hu (su Fox News ha chiesto "l'esecuzione" di Assange), il columnist del Time, Jeffrey Kuhner, (ha titolato un pezzo "Assassinate Assange"). Gli Usa devono perseguire chi incita alla violenza contro WikiLeaks o, conclude, "ci saranno altre stragi". Come quella di Tucson. 

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