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30 dic 2010

Piccole, locali e impegnate In Italia è boom delle web tv


Nel 2010 il numero di emittenti online è cresciuto del 52%, con 436 canali. Per la maggiorparte si tratta di realtà amatoriali, ma iniziano a emergere progetti più ambiziosi con finanziamenti privati. Nonostante le interferenze della politica

UN'ONDA di creatività che non ne vuole sapere di fermarsi, anche se gli ostacoli legislativi e tecnologici non mancano. Il piccolo universo delle web tv italiane fa segnare un anno record con un incremento del 52% delle "web stazioni": se nel 2009 si registravano nel nostro Paese 286 canali, nel 2010 il numero è salito a 436 unità.

Le cifre fornite dal rapporto Netizen 2010, realizzato dall'osservatorio AltraTv, fotografano un vero e proprio boom di nuovi arrivati, con progetti sempre più maturi e sempre meno amatoriali. Oltre al numero di canali crescono infatti gli accessi, si consolidano i rapporti con le pubbliche amministrazioni, cresce la frequenza di aggiornamento e cominciano ad arrivare gli investimenti privati.

Quasi metà delle oltre 400 micro web tv fa registrare ancora numeri da sito amatoriale (meno di 3mila visitatori unici al mese), ma una su cinque riesce a ritagliarsi un suo pubblico più corposo, raggiungendo anche i 10mila accessi. Una crescita che si trova a fare i conti con la copertura a macchia di leopardo della banda larga italiana, ma che non scoraggia i videomaker: quattro microtv su dieci trasmettono infatti da zone non coperte o coperte solo parzialmente da adsl e fibra.

Ma di cosa parlano questi canali su internet? I temi principali sono quelle legati all'informazione territoriale e alla promozione locale, ma crescono fino a un quarto del totale i progetti dedicati a temi specifici, che radunano intorno a sé community di appassionati. Aumentano le rubriche con cadenza regolare, le interviste e i documentari, mentre si appanna il ricorso a tg e servizi con taglio giornalistico, scelti solo dal 16% dei videomaker. Molto spesso si tratta di progetti senza scopo di lucro, ma iniziano a farsi vedere i contratti con realtà private (in una tv su cinque) e, più raramente, i finanziamenti pubblici (quasi una tv su dieci, tra fondi europei e della pubblica amministrazione).

Dietro la telecamera ci sono team composti da giovani, quasi mai da giovanissimi. La metà dei "direttori di rete" ha tra i 31 e i 40 anni, uno su tre ha invece tra i 21 e i 30 anni, ma solo il 4% ha meno di 20 anni. Piccoli gruppi di massimo cinque persone sono le squadre che di solito animano queste esperienze e l'età media trova una diretta influenza sugli argomenti trattati: domina l'ambiente (in 3 tv su 4), seguito dal volontariato, dal lavoro e da un forte interesse verso i temi della legalità e della ricerca. Non a caso nel 2010 sono state trasmessi "a rete unificata" da molte web tv eventi come la notte dei ricercatori e le celebrazioni per i 101 anni di Rita Levi Montalcini.

Ma il 2010 non è stato un anno solo positivo per le piccole televisioni su internet. Mentre il numero di canali continuava a crescere, anche la politica ha iniziato a interessarsi a questo mondo in evoluzione, creando non poche preoccupazioni. I regolamenti discussi dall'Agcom 1 nei mesi scorsi hanno infatti mobilitato la rete e non solo contro la possibilità che anche le web tv più piccole dovessero pagare una tassa di ingresso per trasmettere online, condannando di fatto alla clandestinità un ecosistema nascente e molto spesso impegnato in progetti di carattere sociale. La decisione di applicare i regolamenti solo alle attività con dei ricavi superiori ai 100mila euro annui ha però salvato l'universo libero delle micro web tv, almeno per ora.

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