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21 dic 2010

Calipari, gli Usa pressarono Prodi "Roma chiuda il processo a Lozano"

IL CASO

Lo si legge in un cable pubblicato da Wikileaks che racconta dell'incontro del marzo 2007 tra l'ambasciatore italiano negli Stati Uniti Giovanni Castellaneta e John Negroponte, all'epoca vicesegretario di Stato. L'allora premier avrebbe dovuto far "sapere" ai giudici che le azioni sul campo di guerra "esulano" dalla loro "giurisdizione". Assange arrabbiato col Guardian: fuga di notizie sui verbali svedesi

ROMA - Il 30 marzo 2007, sette mesi prima della decisione della magistratura italiana di non procedere sul caso Lozano - il marine incriminato per la morte di Nicola Calipari in Iraq -, l'amministrazione Bush esercitò pressioni sul governo guidato da Romano Prodi perché facesse "sapere" ai giudici che le azioni sul campo di guerra "esulano" dalla loro "giurisdizione". Lo si legge in un cable pubblicato da Wikileaks nella release sull'Afghanistan, che dà conto dell'incontro del marzo 2007 tra l'ambasciatore italiano negli Stati Uniti Giovanni Castellaneta e John Negroponte, all'epoca vicesegretario di Stato americano e poi nominato "zar" dell'intelligence Usa. Il dispaccio è siglato da Condoleeza Rice, l'allora Segretario di Stato Usa, e diffuso alle sedi diplomatiche americane dal Dipartimento di Stato Usa il 9 aprile del 2009.
 
Nel testo si legge che, secondo Negroponte, il processo a Lozano "è molto problematico". Il vicesegretario esorta il governo italiano a far capire al tribunale che "le azioni sul campo di guerra esulano dalla sua giurisdizione". "Inoltre - aggiunge Negroponte - "un processo in contumacia è un messaggio orribile e va 'stopped' (fermato)". Castellaneta, da parte sua, evidenzia che "i crimini commessi all'estero ricadono nella giurisdizione di Roma" e che la Corte ha "alzato il livello di gravità del crimine per poter procedere all'estradizione".

L'ambasciatore italiano "si è detto d'accordo che il caso tra i nostri due governi è chiuso, ma non ha dato molta speranza sul fatto che il governo rallenti o blocchi il processo", si legge nel dispaccio che dà conto dell'incontro tra Negroponte, Castellaneta e altri responsabili dei due Paesi.

L'ambasciatore italiano - prosegue il testo - si è "impegnato a trasmettere il messaggio al ministro degli Esteri Massimo D'Alema, e ha suggerito una visita del ministro Giuliano Amato a Washington per discutere della questione". Il 25 ottobre 2009, la terza Corte d'assise di Roma dichiarò la non procedibilità "per carenza di giurisdizione" nel caso Lozano. Decisione confermata in via definitiva nel giugno 2008 dalla prima sezione penale della Cassazione.

Intanto il Guardian, "media partner" di Wikileaks che ieri ha diffuso il cablo riguardante il caso Calipari, viene attaccato oggi proprio da Julian Assange. Il Times, che oggi lo ha intervistato, riferisce che l'australiano è arrabbiato con il Guardian perché questa settimana ha pubblicato "selettivamente" sezioni dei verbali svedesi sulla causa che lo vede accusato di violenza e molestie sessuali. Una fuga di notizie "disgustosa", lamenta il fondatore di Wikileaks, "progettata per minare la mia difesa: qualcuno tra le autorità voleva chiaramente tenere Assange in carcere". Assange sostiene che il giornale ha ricevuto il materiale dalle autorità svedesi o "altre agenzie di intelligence" intenzionate a mettere in crisi la sua linea di difesa in vista dell'udienza in appello a Londra dello scorso 16 dicembre, incentrata sulla sua istanza di libertà su cauzione. L'ideatore di Wikileaks ha ottenuto gli arresti domiciliari il 14 dicembre ma è rimasto in carcere fino al 16 in attesa che venisse discusso il ricorso in appello. 

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