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30 nov 2010

«Pyongyang pagherà nuove provocazioni»

La prossima volta la Corea del Sud, se sarà colpita nel suo territorio, contrattaccherà: in un discorso televisivo alla nazione – il suo primo intervento diretto dopo l'attacco nordcoreano di martedì scorso – il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha messo in chiaro che «la Corea del Nord pagherà a caro prezzo» ogni ulteriore provocazione militare, definendo il bombardamento contro l'isola di Yeonpyeong «un crimine contro l'umanità». Criticato da vasti settori dell'opinione pubblica per la supposta debolezza e insufficienza della reazione difensiva, Lee si è assunto la responsabilità per non aver saputo evitare la perdita di vite umane – civili e militari - e ha promesso che in futuro la risposta sarà ben più decisa.
Nell'immediato, il dispositivo difensivo nelle isole che bordeggiano il confine marittimo contestato dal Nord è stato rafforzato, mentre colui che finora rappresenta l'unica vittima politica – il ministro della difesa dimissionario, Kim Tae-young – ha ufficializzato all'Assemblea nazionale che le regole di ingaggio delle forze armate saranno presto modificate per consentire contrattacchi immediati. Lee si è anche recato a visitare le forze armate americane, ringraziandole per il loro appoggio manifestatosi nella dimostrazione di forza congiunta in corso nel Mar Giallo, con la partecipazione della portaerei nucleare Uss George Washington.
Con il suo eloquente silenzio sulla proposta cinese di una riunione di emergenza dei partecipanti ai negoziati a sei (interrotti dall'anno scorso), Lee ha in pratica respinto la soluzione provvisoria indicata – per alleggerire la tensione – da Pechino, che ha incontrato anche l'opposizione giapponese e americana: sarebbe come premiare un comportamento inaccettabile. Occorre piuttosto – ha dichiarato l'ambasciatrice Usa all'Onu Susan Rice – che gli esperti dell'apposito comitato Onu «intensifichino i loro importanti sforzi per rafforzare l'applicazione delle sanzioni internazionali».
Poche ore dopo il discorso di Lee, Pyongyang è tornata a proferire minacce di guerra stigmatizzando le esercitazioni militari congiunte tra Washington e Seul come «rivelatrici dell'intenzione di invadere il Nord». Sulla mentalità dei nordcoreani, del resto, paiono destinate a rafforzare il senso di accerchiamento le indiscrezioni sulla diplomazia americana filtrate attraverso WikiLeaks, secondo cui Washington ha discusso apertamente con i sudcoreani l'ipotesi di riunificazione, compresa l'offerta di contropartite economico-commerciali alla Cina. Tra i giochi di guerra e le parole grosse dell'una e dell'altra parte, spiccano in positivo i nervi saldi degli investitori. 

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