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24 nov 2010

La Ue lascia mano libera al governo Da Bruxelles solo vaghe indicazioni

La Commssione invia una lettera all'Authority: paletti blandi nella gara per le frequenze. Diritto d'autore, in arrivo una stretta sul web


MILANO - Un colpo al cerchio e uno alla botte. Si potrebbe sintetizzare così il comportamento della Commissione Ue sulle vicende televisive italiane che riguardano da vicino il capo del governo e la sua azienda di famiglia, Mediaset. 

In estate, Joaquin Almunia ha accolto la richiesta di News Corp (Sky) di partecipare - in qualità di "nuovo entrante" - alla gara per l'assegnazione di 5 frequenze nazionali (multiplex) per le trasmissioni in digitale terrestre. Ma una volta fatto questo passo, la Commissione si sta disinteressando di come la gara verrà portata avanti, lasciando ampia discrezionalità all'Autorità italiana di settore (che scriverà il regolamento) e al ministero dello Sviluppo economico, che ne preparerà il disciplinare.

Questo disinteresse si deduce dalla lettera che la Commissione dalla Ue invia ai commissari dell'Autorità italiana (l'Agcom). Qui i criteri di valutazione per le assegnazioni delle frequenze sono tutti uguali senza vere distinzioni tra compratori forti e meno forti. In sostanza, si lascia mano libera all'Autorità e soprattutto al governo riservandosi semmai un intervento in fasi successive. 

Domani l'Autorità dovrà licenziare il regolamento passando la palla al ministro Paolo Romani, ma non si escludono discussioni. I consiglieri dell'Autorità D'Angelo, Sortino e Lauria  -  quelli di minoranza - fin dal principio hanno manifestato perplessità su diversi punti. Notavano tra le altre cose che 
le frequenze tv vengono assegnate con un tipo di gara (il beauty contest) che non procura alcuna entrata allo Stato. Salvo poi cercare di recuperare 2,4 miliardi dagli operatori telefonici offrendo altre frequenze (stavolta ricavate dalle tv locali). 

Sempre giovedì, l'Autorità italiana proporrà nuove regole a tutela del diritto d'autore in Internet (molto fiscali) e sulle web-tv. Le web-tv - nella bozza di regolamento in esame - sono gravate di una "tassa d'ingresso" alla loro nascita (pari a 1500 euro) mentre le web-radio ne pagherebbero 750. Peraltro le web-tv verrebbero equiparate alle emittenti televisive, quanto ad obblighi di legge. Mentre i commissari di minoranza aprono anche questo fronte, battono un colpo Paolo Gentiloni (del Pd) e Vittorio Rao (Udc). "Ci auguriamo - scrivono i due parlamentari - che l'Autorità eviti di appesantire la Rete con regole limitative e velleitarie sul diritto d'autore. Non è accettabile che la tutela del copyright nell'era di Internet sia demandata a un semplice regolamento amministrativo, ispirato a una logica restrittiva, senza coinvolgere il Parlamento e senza un vero confronto pubblico. Non è giusto imporre alle Web Tv, ancora, una tassa assurdamente punitiva". 

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