«Ci ho provato»: così Valerio Paladini, malavitoso e assassino, ha accolto i carabinieri e gli agenti penitenziari che - dopo una caccia durata diverse ore, e quando l’arrivo della notte stava per metterlo al riparo - lo hanno catturato in una cascina. Paladini era scappato in modo rocambolesco la mattina di ieri dal carcere di Pavia: una fuga improvvisata lì per lì, immortalata in diretta dalle telecamere della prigione. Nel filmato della durata di una quarantina di secondi si vede Paladini che, mentre gli agenti lo stanno accompagnando in palestra, si divincola e si lancia verso un cantiere che all’interno del carcere sta realizzando un nuovo reparto; cerca di svellere una scala; non ci riesce anche perché intervengono gli operai; riesce a impadronirsi di una seconda scala, la piazza su alcuni contenitori, raggiunge la sommità del muro di cinta e - dimostrando una invidiabile agilità - si lancia da otto metri di altezza senza spezzarsi le gambe e fugge nelle campagne circostanti.
L’evaso non fa molta strada: si rifugia in una cascina a poche centinaia di metri dalla prigione, e si piazza lì in attesa delle tenebre. Intanto è scattata una caccia in grande stile, perché il curriculum del fuggiasco è di quelli che fanno paura: Paladini è stato un protagonista della faida sanguinosa tra le diverse fazioni della malavita salentina, ha ammazzato due uomini ed è lui stesso sopravvissuto ad un tentativo di fargli la pelle nel novembre 2000, a Surbo, il paese dove è nato. Ciò nonostante, e nonostante la condanna al carcere a vita, non era considerato un detenuto «a rischio» e non gli erano state inflitte misure di sicurezza particolarmente stringenti.
Ma dentro di sè, evidentemente, Paladini aveva deciso di non voler chiudere i suoi giorni dietro le sbarre, e si era ripromesso di non lasciarsi sfuggire occasioni che dovessero presentarglisi. In questi casi, il primo dubbio che le autorità che vigilano sui carceri tengono a chiarire è quello sulla presenza di complicità all’interno degli istituti di pena: ma l’assenza di qualunque appoggio all’esterno è stavolta la prova migliore che Paladini ha fatto tutto da sè e senza pianificare nulla. Che non fosse andato troppo lontano, lo sospettavano da subito gli uomini che gli davano la caccia. Ma la parola fine alla sua fuga l’ha messa il contadino che vive nella cascina e che si è presentato ai carabinieri dicendo: «Sento dei rumori. O in soffitta c’è un piccione da ottanta chili o c’è il tizio che state cercando...».
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