Giovanni Pascone, ex magistrato del Tar e consulente a Palazzo Chigi, ha collezionato 62 incarichi
Giovanni Pascone |
Dall'alto delle sue quattro lauree lui non fa una piega. Intervistato qualche tempo fa da Gianfranco Compagno del Pontino.it, dopo essere diventato consulente del Comune di Aprilia, ha gonfiato il petto: «Sono stato giudice ordinario, magistrato del Tar, magistrato della Corte dei conti, consigliere parlamentare. Ho lavorato alla Banca d'Italia, al ministero dell'Interno e ho avuto tantissimi incarichi. Sono stato capo ufficio legislativo ai Lavori pubblici, consigliere giuridico di tutti i governi, di destra e sinistra». Alla faccia. Di incarichi, la Guardia di finanza ne ha contati sessantadue. Poi ha trasmesso tutto alla Corte dei conti. Dove stimano che tale fenomeno ai limiti del paranormale abbia prodotto un danno erariale di due milioni di euro.
Ma come, vi chiederete, prima il governo dichiara guerra ai fannulloni e poi i giudici mettono in croce chi si ammazza di lavoro? Il fatto è che per svolgere tutte quelle attività collaterali Giovanni Pascone avrebbe avuto bisogno delle autorizzazioni dei suoi datori di lavoro pubblici. Quelli, per inciso, che gli pagavano lo stipendio. Invece le autorizzazioni, dice il giudice contabile, non c'erano. E gli incarichi erano così tanti che è lecito domandarsi dove il Nostro trovasse tempo ed energie. Anche perché, non pago delle consulenze, riusciva perfino a essere in contemporanea dipendente di due amministrazioni diverse.
Nel 1991, non ancora trentenne vince il concorso al Tar, dove resta per dodici anni. Naturalmente, senza girarsi i pollici. Capo dell'ufficio legislativo dei Lavori pubblici nel governo Berlusconi, consulente di palazzo Chigi con Romano Prodi, direttore generale dell'Acquedotto pugliese... E poi le consulenze, come quelle per il gruppo edile Salini (che gli fruttano 354.685 euro), le Autostrade, l'Astaldi, la Regione Calabria...
Finché, il primo agosto del 2003, è dichiarato «decaduto dall'impiego ai sensi dell'articolo 127, lett. c), del Testo unico 10 gennaio 1957, n. 3». Una misura che viene adottata, dice la norma, quando un dipendente pubblico «senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero rimanga assente dall'ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni». Ma con tutto quello che Pascone aveva da fare... Comunque poco male, perché contestualmente all'uscita dal Tar si iscrive all'Ordine degli avvocati e viene assunto con contratto a tempo indeterminato dalla Siae come capo dell'ufficio legale. Il 6 dicembre 2004, però, lo licenziano. La motivazione: mentre era dipendente Siae aveva pure un incarico di dirigente dell'ufficio legale all'Agenzia spaziale italiana. A nulla serve una interrogazione parlamentare presentata contro questa decisione dal senatore aennino Euprepio Curto. L'esilio dai ranghi della pubblica amministrazione dura un paio di annetti. Nel frattempo Pascone, che ha avuto modo di frequentare a più riprese gli uffici governativi ed è stato anche consigliere di amministrazione della società pubblica Bagnolifutura, indicato dai Ds, non si perde d'animo in attesa di tempi migliori, che puntualmente arrivano. Il 2 novembre 2006 il Comune di Pomezia lo assume come direttore generale. Prima a termine e poi, dal primo agosto 2008, a tempo indeterminato. Intanto, il 26 aprile 2007, è entrato pure nei ranghi di un altro ente pubblico, l'Istituto nazionale di Alta matematica Francesco Severi. Dirigente di seconda fascia, e anche qui a tempo indeterminato. Mentre non si arresta il tourbillon di consulenze e incarichi. Aziende private e pubbliche, enti locali: i comuni di Cagliari, Latina, Dorgali, Aprilia, la Provincia di Milano, la Asl di Casale Monferrato...Ma proprio nel 2008 cominciano i guai. Il 26 settembre è sospeso dal servizio perché il Gip di Velletri gli ha imposto l'obbligo di dimora nel comune di residenza, cioè Roma: sulla giunta di Pomezia si è appena abbattuta un'inchiesta per un certo affare di campi da tennis. Pochi mesi dopo scoppia la grana di Tributi Italia, che coinvolge anche la società di Aprilia A.ser, di cui Pascone è presidente dal 2007. Ancora qualche settimana e arriva la bomba. Fabrizio Peronaci rivela sul Corriere che l'avvocato, consigliere giuridico del governo Berlusconi, già magistrato e amministratore pubblico, è accusato di evasione fiscale: non avrebbe dichiarato al Fisco compensi per 40 milioni di euro in due soli anni. E adesso la ciliegina sulla torta. Un ricorso del vice procuratore generale della Corte dei conti Bruno Tridico nel quale si chiede il sequestro conservativo delle proprietà di Pascone fino a un ammontare di 2 milioni 119 mila euro: i soldi incassati dall'avvocato per tutti gli incarichi e le consulenze non autorizzate, che il magistrato contabile considera alla stregua di un «danno erariale». Sequestro puntualmente ottenuto prima di dare fuoco alle polveri. L'udienza iniziale della causa è fissata per il 20 ottobre. E stavolta non c'è incarico che tenga.
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