Richiesta di condanna per il senatore Udc. «Accuse gravi anche per il ruolo di governatore regionale che ricoprì»
Salvatore Cuffaro |
IL «SISTEMA» - I pm hanno deciso di non chiedere le attenuanti generiche per Cuffaro «perché i fatti di cui lo accusiamo sono veramente gravi anche per il suo ruolo di governatore regionale: per questa sua veste poteva partecipare in alcuni casi al Consiglio dei ministri». «Abbiamo dimostrato - hanno detto - che il sistema di controinformazioni messo in piedi da Salvatore Cuffaro era puntato a scoprire indagini sui rapporti tra la mafia ed esponenti politici o a lui collegati. È proprio la natura delle informazioni che ci fa capire la portata di questo sistema e di come si possa configurare l'accusa di concorso in associazione mafiosa». Le testimonianze di pentiti e di soggetti vicini all'imputato hanno dato, secondo i pm, ulteriore conferma alle accuse. «Fin dal 1991 i contatti con Angelo Siino - ha detto Del Bene - dimostrano l'esistenza del patto politico-mafioso stretto da Cuffaro con esponenti di Cosa Nostra».
LA REQUISITORIA - Durante la sua requisitoria, il pm Nino Di Matteo ha parlato dei rapporti tra Michele Aiello, imprenditore della sanità condannato per mafia, e Cuffaro. «Aiello costituiva un importante anello di congiunzione tra Cosa nostra e Salvatore Cuffaro - ha detto Di Matteo -. Aiello ha stabilito negli anni un vero e proprio patto di protezione con Cosa nostra che garantiva e tutelava l'espansione della sua attività imprenditoriale. Il rapporto tra Aiello e Bernardo Provenzano prevedeva una serie di prestazioni e controprestazioni di cui si agevolano entrambi. La ditta Aiello si è occupata, grazie alla volontà mafiosa, della costruzione di numerose strade interpoderali. Da parte sua Aiello assumeva personale indicato da Cosa nostra, ovviamente pagava la 'messa a posto'. Ma soprattutto Aiello aveva dei rapporti con rappresentanti istituzionali che interessavano a Cosa nostra e che gli consentivano di avere informazioni riservate su alcune indagini in corso». Tra questi rapporti, secondo i pm, c'era anche quello con Cuffaro «che in cambio - ha spiegato Di Matteo - aveva la possibilità di avere a disposizione le strutture sanitarie di Aiello per fare favori ad amici ed elettori. Possiamo sospettare quindi, anche se questo punto non è dimostrato, che ci fosse un rapporto societario di fatto tra Aiello e Cuffaro. È provata invece l'introduzione di un nuovo nomenclatore tariffario di radioterapia per le struttura convenzionate che includeva, guarda caso, le cinque principali prestazioni eseguite nelle cliniche di Aiello, prima non presenti nel tariffario».
LA REPLICA - Cuffaro, dopo la richiesta di pena, è uscito dall'aula in silenzio accompagnato dai suoi legali. In precedenza, il senatore aveva negato di essere in "società" con Aiello. «Io facevo solo delle segnalazioni per alcuni esami diagnostici, così come facevano anche altri politici e magistrati. Per questo devo essere considerato socio di Aiello?». Il pm ha affermato che la moglie del senatore Cuffaro «è stata per poche ore socia di Aiello», avendogli ceduto quote di una società di un laboratorio di analisi. Ma Cuffaro si difende: «Se mai si può parlare di soci lo sono stati per un minuto, dal notaio». Parlando poi della requisitoria, Cuffaro ha aggiunto: «La Procura sta ricostruendo la sua verità, poi noi nelle arringhe difensive risponderemo punto su punto alle accuse».
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