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24 mag 2010

Manovra: nessun condono e lotta all'evasione


Segnale di rigore ai mercati. Stipendi congelati, fatture telematiche, riduzioni del 10% di beni per i ministeri

di  Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella 
Martedì in consiglio dei Ministri si discuterà la manovra di bilancio

E chi l'avrebbe mai immaginato che la destra fosse costretta a ipotizzare la fattura telematica sopra i tremila euro o altri interventi che andrebbero a toccare dolorosamente i suoi bacini elettorali? Eppure, tra le varianti allo studio per una manovra che, obbligata a essere equa, finirà fatalmente per scontentare tutti, c'è anche questa. Come altre scelte fino a ieri impensabili. Dirompenti. Che stanno spaccando la maggioranza tra chi pensa che in fondo «i soldi in qualche modo saltan sempre fuori» e chi ritiene invece che gli italiani siano adulti che van trattati da adulti. E devono rendersi conto che la situazione, senza una svolta netta, è pesante. C'è una tabella che toglie il sonno a Giulio Tremonti. La stessa che è sul tavolo del presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet ma soprattutto su quello dei bucanieri della finanza internazionale. È una tabella dell'Ocse con i dati di quanto è aumentato tra il 1999 e il 2008 il costo del lavoro nei paesi dell'euro nel settore privato e in quello pubblico. Dice che in quello privato stiamo un po' sopra la media: 23,7% di crescita nell'Europa a dodici, 24,8 in Italia. È vero che stiamo comunque al doppio rispetto alla Germania (12,2), ma vabbè...

Il guaio, quello vero, secondo i rigoristi, è contenuto nella prima colonna della tabella. Dove si vede come i paesi che più hanno visto impennarsi la spesa addetto nel settore pubblico sono stati l'Irlanda (110,8%), seguita dalla Grecia (109,1%), dal Portogallo (58%), dalla Spagna (53,1%). Si tratta, nell'ordine, dei paesi che sono stati via via messi sotto attacco da parte della speculazione internazionale. E chi c'è dopo la Spagna? Noi: 42,5% di aumento in termini nominali contro una media europea del 35,7. Una sproporzione netta, che diventa nettissima nei confronti dei paesi dell'elite continentale: Olanda (32,6%), Francia (31,3) e soprattutto Germania, dove il costo del lavoro nel pubblico è cresciuto del 17,1: molto meno della metà rispetto all'Italia. Ed ecco l'incubo: che i pirati della speculazione, dopo averci concesso per qualche tempo il beneficio del dubbio (evidentemente in nome della nostra tradizione manufatturiera e dell'apprezzamento per la linea del governo, pensano i tremontiani) possono in tempi brevi attaccare noi. Di qui la necessità di dare in tempi altrettanto brevi una risposta netta. Che rassicuri i mercati (al di là degli inutili lamenti su quanto siano «paranoici») sulla capacità dell'Italia di marcare una svolta.

Qual è il problema? Che rassicurare contemporaneamente i mercati internazionali e i cittadini italiani è difficile quanto volteggiare su un trapezio appeso a un piccolo aeroplano come fece Giovanni Palmiri nel cielo di piazza Duomo. Per capirci: ci sono scelte che rassicurando i mercati rischiano di seminare inquietudini tra la popolazione, altre che rassicurando la popolazione rischiano di seminare inquietudini nei mercati. Ma come fai a spiegare alla gente che la situazione è «drammatica», che la spesa pubblica nell'ultimo decennio (in cui la sinistra ma più ancora la destra si son riempite la bocca con la parola «rigore») ha continuato a salire «in grande eccesso» rispetto al Pil e che occorrono «grandi sacrifici» e «grandi cambiamenti» e una «profonda discontinuità» per rompere finalmente con quella tradizione italiana di affidarsi allo stellone perché «alla fine tutto si aggiusta»? Eppure non c'è scelta. Lo scrisse Ernesto Galli della Loggia tre anni fa e non c'è che da ripeterlo parola per parola: «L'Italia ha soprattutto bisogno di verità. Ha un gran bisogno che finalmente si squarci il velo di silenzi, di reticenze, spesso di vere e proprie bugie, che per troppo tempo il Paese ha steso sulla sua effettiva realtà». È qui che Tremonti e quanti sono convinti dell'urgenza d'intervenire con misure radicali, sanno di dire cose spinosissime.

In urto con la filosofia, il carattere, l'ottimismo del Cavaliere, che insiste nel maledire i corvi del malaugurio e nell'assicurare (con perplessità degli stessi giornali che più gli sono amici) che la manovra non toccherà questo e quello. In urto con un pezzo della destra, chiamata a scelte impopolari in contrasto con gli interessi immediati (quelli a lungo termine sono un'altra faccenda) di alcune categorie tradizionalmente considerate nel suo bacino elettorale. In urto forse soprattutto con quel mondo di dirigenti, funzionari, grand commis, «uomini di panza» ministeriali che si sono già posizionati ringhiosamente in difesa dello status quo e che vorrebbero che il peso della crisi, in nome dei grandi numeri (si rastrellano più soldi toccando i salari di 3 milioni e mezzo di statali che quelli di alcune centinaia di «padreterni », ovvio) fosse scaricato solo sulla massa dei dipendenti anonimi. In urto infine non solo con i sindacati, ai quali sarà difficile far digerire certe scelte che molti bollerebbero automaticamente come «macelleria sociale», ma con i partiti. I quali per la prima volta, a causa della gravità dei conti, potrebbero davvero veder sottoposto a un taglio radicale quel sistema dei rimborsi elettorali che, gonfiando i soldi a dismisura, ha preso il posto del finanziamento pubblico abolito anni fa da un referendum. Ma ecco, una per una, le varie misure allo studio.

Stipendi
Congelamento sulle cifre attuali, per tre anni, di tutti gli stipendi pubblici, «senza trucchi intorno a straordinari e cose simili» e senza recupero dell'inflazione, a partire dal primo mese disponibile. Una scelta ingiusta perché andrà a colpire tutti senza alcuna distinzione tra quanti buttano sangue sul lavoro e i lavativi? Purtroppo si. E sarà poi necessario un riequilibrio. Ma «i discorsi sul merito hanno bisogno di anni, e invece qua si tratta di fare in fretta», nella convinzione che altrimenti, con la dinamica attuale, i salari «continueranno a salire in tre anni del 12%».

Tagli retribuzioni
Gli stipendi pubblici sopra i 90mila euro saranno tagliati del 5%, sopra i 120mila del 10%. A costo di scontentare una serie di categorie, dagli alti magistrati ai prefetti, i diplomatici, i capi di gabinetto, i generali... Tutta gente che conta e che ha già cominciato a dare segnali di malumore. Meglio: profondo malumore. Con minacce di ricorsi alla magistratura: con che diritto lo Stato, tocca i contratti stipulati con i suoi dipendenti?

Banchieri
Tra i punti allo studio, un brusco aumento delle aliquote fiscali sui ricavi delle stock option, che rappresentano la fonte maggiore di guadagno per i banchieri e i manager privati.

Blocco nuovi contratti
Per tre anni, parallelo al congelamento delle retribuzioni.

Finestre pensioni
Riduzione da quattro a una l'anno delle «finestre» attraverso le quali si può andare in pensione. Fermo restando un trattamento speciale per chi ha già quarant'anni di contributi.

Invalidità
L'impennata dell'ultimo decennio, che al di là delle affermazioni di principio ha visto la spesa per le pensioni di invalidità salire da 6 a 16 miliardi di euro, soprattutto a causa dell'esplosione delle indennità di accompagnamento, porterà a una maggiore severità nei controlli. Uno dei problemi è quello che il riconoscimento di handicap invalidanti viene concesso dalla regione, i soldi li deve mettere lo Stato. La soluzione prospettata è che la spesa venga per il 25% scaricata sulle regioni, che sarebbero costrette ad essere più rigide. Di più: si tornerà, con ogni probabilità, alle regole del 1988, più restrittive delle attuali.

Accompagnamento
L'ipotesi di dar l'assegno d'accompagnamento solo a chi sta sotto un tetto massimo di 30 o 35 mila euro è saltata. Accudire una persona disabile è costosissimo e, fatti i calcoli, si sono resi conto che quel tetto avrebbe dovuto essere così alto che a quel punto non valeva neppure la pena di introdurla. Peggio: la selezione avrebbe potuto paradossalmente favorire quanti dichiarano meno di quanto guadagnano. Resterà tutto come oggi.

Ministeri
Taglio orizzontale del 10% per tutti i beni e servizi. Si lamentano già tutti di essere squattrinati? Nessuna eccezione. Tranne quelle per consentire di operare alle forze dell'ordine. Basti ricordare che i carabinieri sono già oggi costretti, spesso, ad andare a recuperare dei pezzi di ricambio per le vecchie Fiat Brava dai demolitori. Far la guerra alla criminalità, in quelle condizioni, è complicato. Per ministri e sottosegretari taglio del 10% dell'indennità.

Organi costituzionali
Il problema è che Quirinale, Senato, Camera, sono entità dotate di autonomia pressoché totale. L'unica cosa che può fare il Tesoro, da quanto si capisce, è ricordare loro pubblicamente: il taglio generale alle spese sarà almeno del 10%, sarebbe opportuno se anche voi...

Rimborsi elettorali
Tema molto controverso. L'intenzione di Tremonti e dei rigoristi sarebbe quella di ridurre il contributo elettorale da 1 euro a 50 centesimi a elettore. Secondo i calcoli del Sole 24 ore la prima stretta porterebbe a un risparmio di 170 milioni. Resta da capire se i partiti che verrebbero penalizzati sulle entrate che avevano messo in conto di avere già in tasca (62 milioni a rischio per il Pdl, 54 per il Pd, 12,4 per la Lega e giù giù fino a 1 milione e 800mila euro per la destra…) se ne faranno una ragione o meno. In caso di rifuto, certo, sarebbe complicato poi raccomandare sacrifici agli altri.

Enti
Il progetto è quello di accorparne più possibile. Alcune situazioni, del resto, appaiono francamente indifendibili. Per esempio quello dell'Isae, l'istituto di ricerca del Tesoro: ha 31 ricercatori e 70 (settanta) impiegati amministrativi. Quanto all'Ice, l'Istituto per il commercio estero i cui dirigenti occupati all'estero hanno paghe principesche, potrebbe sciogliersi all'interno della Farnesina oppure essere diviso fra i ministeri degli Esteri e dello Sviluppo economico.

Lotta agli evasori
È una delle questioni sulle quali lo scontro fra chi invoca il rigore e chi le «ragioni della politica», vale a dire spesso le ragioni di bottega elettorale, rischia di essere più duro. E che potrebbe segnare una svolta radicale per un governo che nel passato aveva fatto una serie contestatissima di condoni di ogni genere. Le misure allo studio più importanti sarebbero tre. La prima, come dicevamo, è la fattura telematica che dovrebbe essere emessa per tutti gli importi superiori ai 3 mila euro e consentirebbe di lasciare, a disposizione degli investigatori, una scia indelebile. La seconda è il ripristino (non è chiaro da che soglia) della «tracciabilità» dei contanti, introdotta da Prodi con un tetto di 5 mila euro, invocata per anni come indispensabile da un pezzo della sinistra (che si spinse a teorizzare un abbassamento della soglia a 100 euro) e sbeffeggiata sul fronte opposto da Berlusconi che, considerandola una «misura di polizia», l'aveva abolita riportando in vita il limite europeo del 12.500 euro. La terza è sul fronte delle compensazioni Iva, fonte di molti abusi: stando ai progetti, non sarà più possibile il «fai da te» ma sarà richiesta una certificazione di un professionista che risulterà responsabile davanti alla legge. Di più ancora: l'accertamento fiscale per le imposte non pagate scatterà contestualmente all'immissione a ruolo, con l'esito di accorciare i tempi degli accertamenti di tre o quattro mesi.

Ristrutturazioni edilizie
Oggi è previsto lo sgravio del 36% e per ottenerlo tutti i pagamenti vanno fatti tramite bonifico bancario. Il guaio è che, stando ai risultati, molti incassano il bonifico ma poi non pagano le tasse contando sulla farraginosità dei controlli o su qualche condono futuro. L'idea è quella di delegare alle banche il ruolo di sostituto d'imposta così come oggi avviene per le aziende che trattengono le tasse dei dipendenti. Toccherebbe agli istituti di credito di trattenere il 20%.

Condono edilizio
L'ipotesi di un nuovo condono edilizio, salvo sgradevolissime sorprese (anche nel 2003, sulle prime, venne esclusa l'idea di una sanatoria generalizzata e poi si è visto com'è andata a finire: con la corsa di decine di migliaia di furbi a commettere abusi spacciati poi per precedenti…) viene solennemente scartata. Al momento par di capire piuttosto che il governo fornirà ai comuni le fotografie aeree e tutto il materiale a disposizione per stanare i proprietari dei circa 2 milioni di «case fantasma».

Costi sanità
Ci sono Asl e ospedali che pagano le siringhe più care che in farmacia? D'ora in poi dovrebbe far fede per tutti il prezzo che paga Consip, la società pubblica che fa gli acquisti per la pubblica amministrazione, la quale avrà per giunta l'obbligo di mettere tutto on line. E cosa succederà se il parametro non viene rispettato? Il rappresentante dello stato nel collegio sindacale delle Asl dovrà spiegarne i motivi in una relazione alla Corte dei conti.

Municipalizzate
Gli enti locali controllano ormai più di 5 mila società. Molte delle quali assolutamente inutili, che servono soltanto, come disse Luca Cordero di Montezemolo, da "discarica per politici trombati". A Comuni, Province e Regioni sarà vietato ripianarne le perdite al di fuori del cosiddetto «contratto di servizio». In questo caso non gli resterà che portare i libri in tribunale. Una scelta obbligata, dopo alcuni salvataggi contestatissimi, come quello dell'Amat di Palermo.

Arbitrati
Per ora, di un'abolizione degli Arbitrati non se ne parla. Lo stesso governo di centrodestra, tuttavia, si sarebbe convinto che così non si può andare avanti. Gli incarichi accessori come gli arbitrati per le opere pubbliche fanno crescere mediamente del 30% il costo degli appalti, e soprattutto arricchiscono la corporazione degli arbitri: magistrati amministrativi e contabili, burocrati pubblici, avvocati dello stato, politici. Con in più una beffa; che lo Stato soccombe nel 98% dei casi. Fra il 2005 e il 2007 questa forma di giustizia privata amministrata da pubblici funzionari che arrotondano lautamente il loro stipendio ci è costata 715 milioni: sarebbero bastati per il Passante di Mestre. E gli arbitri si sono messi in tasca 50 milioni. Morti e risorti almeno tre volte, gli arbitrati sono stati ripristinati l'ultima con un decreto legislativo messo a punto dal capo giurista di palazzo Chigi Claudio Zucchelli. Il quale nel 2008 ha fatto parte di un collegio arbitrale di tre persone incaricato di dirimere una lite fra l'Astaldi e l'Anas. Valore della controversia: 38 milioni di euro. A dir poco principesco, 1.455.000 euro, il compenso del collegio.

Consulenze
Taglio totale. Inevitabile: a dispetto di tutti gli impegni l'andazzo è ormai inarrestabile.

Sponsorizzazioni
Stando al progetto, la scelta di tanti enti locali di sponsorizzare squadre di calcio, basket e pallavolo verrebbe vietata. Decisione sacrosanta. Basti ricordare i casi della Regione Calabria che, nei guai finanziari al punto di non avere i soldi per pagare lo smaltimento dei rifiuti, scelse di sponsorizzare la nazionale di calcio. O quello della Campania che appoggia con centinaia di migliaia di euro l'anno la «Air Avellino» di basket, dove Air sta per Autoservizi Irpini: capitale al 100% nella mani della Regione. O ancora quello della Provincia di Treviso, sponsor del Treviso Calcio dal 2004 per scelta dell'allora presidente Luca Zaia: «Con questa sponsorizzazione abbiamo fatto una scelta di campo. La squadra porterà in tutta Italia il nostro progetto: "Se la vedi, ti innamori"».

Protezione civile
È impossibile, davanti alle emergenze, controllare «prima» la distribuzione dei soldi? Può darsi. Ma a quel punto è indispensabile controllare meticolosamente tutto almeno «dopo». Quindi va tutto riportato sotto la vigilanza della Ragioneria dello Stato. Insieme con i conti di tutta la Presidenza del Consiglio. La domanda è: passeranno sul serio, almeno in parte, queste scelte? Lo si vedrà nei prossimi giorni. Dipenderà anche, se non soprattutto, dai segnali che verranno dai mercati internazionali. E dal coraggio che il centro destra, e Silvio Berlusconi in prima persona, dovranno dimostrare per sfidare insieme sindacati e partiti, clientele locali e grand commis. Ma soprattutto di andare a spiegare a quegli artigiani, quei piccoli imprenditori, quei professionisti, quei commercianti che in questi anni, a forza di condoni e sanatorie, hanno pensato che il Pdl la Lega e Berlusconi e Bossi fossero sempre e comunque dalla parte loro e «contro» lo Stato, che qualcosa è cambiato. E che la nuova crisi planetaria, mentre impone alle macchine statali troppo gonfie di sgonfiarsi, chiede anche a tutti i cittadini una nuova assunzione di responsabilità.

corriere


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