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1 mag 2012

A lezione dall'ingegnere Zen che insegna la lentezza a Google

LAVORA A MOUNTAIN VIEW DAL 2000: CAPIRE SE STESSI VIENE PRIMA DEL SUCCESSO


«La sconfitta non è un dramma»
I colleghi affollano il suo corso

(Afp)(Afp)
La fotografia mostra Chade-Meng Tan, l'ingegnere Google numero «107», raccolto nella posizione yoga del mezzo loto davanti a un'aula con poltroncine alternate gialle, rosse, verdi e blu, i colori della bandiera aziendale del motore di ricerca online. Messaggio: relax, pace, lentezza. Prendetevi i vostri tempi. Tutto ciò che Google non è nelle nostre vite: immaginatevi mentre cercate la risposta a una vostra domanda esistenziale o pragmatica in 0,18 centesimi di secondo, come ci ha ormai abituati inconsciamente il motore sul web. È la fast-cultura veicolata dall'ultima tecnologia possibile, macro-server ammassati in fattorie segrete mai abbastanza aggiornati. Sempre più clic che producono sempre più pubblicità online di cui il gruppo è leader mondiale e, dunque, sempre più soldi.

IL CORSO - Eppure qualcosa vorrà dire se il corso di zen del 41enne buddista Chade-Meng Search Inside Yourself, «Cerca dentro te stesso», - un titolo pure vagamento ironico considerando che l'azienda si è arricchita con il search fuori di noi e dentro Internet - sta avendo un grosso successo: come riportato ieri dall'International Herald Tribune più di mille impiegati di Google hanno seguito il corso di sette settimane che si tiene quattro volte l'anno. La waiting list è già lunga. «Il corso è spinto dal passaparola e questo ha creato una domanda che non possiamo soddisfare» ha detto Chade-Meng che partendo da questa esperienza ha dato vita a un libro che sta per sbarcare in 17 Paesi diversi, tra cui Brasile, Slovenia e Corea del Sud.

Chade-Meng TanChade-Meng Tan
L'INSEGNAMENTO - «La sconfitta non è un dramma», la base del suo insegnamento, piace. Il corso ha ottenuto 4,75 di voto medio su un massimo di 5. Il suo carisma d'altra parte non è in discussione: nato a Singapore ha definito la propria gioventù «infelice». «Ero diverso dagli altri bambini. Ho un quoziente intellettivo di 156 e non facevo sport. Ma ho sempre pensato in grande». «A Singapore la via per distinguerti era vincere le competizioni, ma questo non faceva la differenza», anche se proprio questo lo ha fatto assumere in Google «5 minuti dopo la laurea». Nella sua nuova vita da guru la differenza la fa volere la «pace nel mondo». Un buon psichiatra, forse, diagnosticherebbe anche un latente senso di colpa nella nuova passione per lo Zen da parte di Google. Quello tra insegnamenti orientali e tecnologia non è un binomio nuovo. La stessa Silicon Valley si è sviluppata con investimenti della difesa Usa ma è cresciuta negli anni Ottanta grazie all'incrocio con la cultura hippy.

MOUNTAIN VIEW - C'è un fattore geografico da non sottovalutare: per quanto ci appaia strano la west coast degli Stati Uniti è più vicina all'Oriente che all'Europa. Basta girare per le strade di San Francisco per accorgersene. Inoltre chiunque visiti il Googleplex, la sede di Mountain View, rimane colpito dalla cultura della diversità. L'aria è rilassata soprattutto se la confrontiamo con i nostri canoni. Gli impiegati di Google possono contare su una serie infinita di anti-stress in azienda come biciclette per girare nel campus, tavoli da ping pong, palestre, ristoranti, bar e sale per staccare la spina. Ma di certo qui tutti corrono in continuazione da una parte all'altra sempre in cerca della performance. E soldi e occupazione non mancano. Lo stesso Chade-Meng è diventato milionario con la quotazione di Google nel 2004 e in un'azienda in crisi le sue lezioni avrebbero un altro sapore.

IL MANTRA - La Apple di Steve Jobs sintetizzava il messaggio con il mantra «Think Different». L'azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin ha sempre preferito «Don't Be Evil», non essere il diavolo. Ma il senso non cambia. Google e Apple hanno inventato il neo-consumismo del XXI secolo, quello digitale: libri, musica, immagini, cultura, giochi, relazioni sociali e comunicazioni sono stati separati dal proprio io fisico diventando file, pura gestione iper-veloce dei simboli attraverso computer, tablet e smartphone. Producono libertà e stress allo stesso tempo. Essere offline è molto Zen ma è anche una nuova forma di discriminazione, tanto che anche noi parliamo di «divario digitale» tra chi può accedere al web e chi ne rimane fuori.

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