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10 apr 2012

I 10mila tagli del nuovo ceo Sony

C'è un senso di déjà vu per quanto sta accadendo alla Sony. Dopodomani, secondo le anticipazioni del Nikkei, nel corso della presentazione della sua strategia il nuovo ceo del gruppo giapponese annuncerà che 10mila persone lasceranno presto il libro-paga aziendale. Lo stesso era accaduto nel 2005, quando l'allora nuovo ceo aveva reso noti 10mila tagli. Le cronache di 7 anni fa indicano un "background" per la pesante ristrutturazione curiosamente simile a quello di cui si parla oggi: la grave perdita di smalto di una società che non riesce a replicare i precedenti successi globali dovuti all'introduzione di prodotti in grado di "fare epoca".
La differenza è che Howard Stringer lasciò almeno passare alcune settimane dall'insediamento ufficiale prima di annunciare la cura da cavallo, con l'eliminazione di oltre il 6% della forza lavoro. Kazuo Hirai, il suo 51enne successore, è entrato ufficialmente in carica solo il primo aprile: il quasi immediato annuncio del riassetto – di nuovo con un taglio del 6% del personale – dà un senso di urgenza, dopo che negli ultimi anni la situazione della Sony è peggiorata (benché Stringer abbia fatto il bis nel 2008 con altri 16mila tagli). Il gruppo ha chiuso il 31 marzo scorso il suo quarto bilancio consecutivo in profondo rosso – appesantito in particolare dal settore televisivo, che negli anni ha accumulato perdite per 10 miliardi di dollari –, in un contesto di erosione delle quote di mercato in alcuni settori-chiave da parte di vecchi e nuovi concorrenti, sui quali spiccano la sudcoreana Samsung e l'americana Apple. Il profit warning emesso il 2 febbraio segnala che il rosso dell'ultimo esercizio sarà intorno a 220 miliardi di yen. Se nel 2005 ci voleva – come nel 1999 alla Nissan - l'assunzione del timone da parte di un ceo straniero per poter varare misure dolorosissime, oggi lo possono e lo debbono fare anche manager giapponesi, tanto più se – come Hirai – "americanizzati" per lunga esperienza.
Del resto, l'intera industria elettronica giapponesi soffre di mali comuni (dal superyen a lentezze decisionali ed errori strategici): anche altri colossi come Panasonic e Sharp hanno appena cambiato il top management dopo aver accusato forti perdite, anch'esse per lo più legate al settore degli schermi tv. Proprio in questo comparto Hirai dovrebbe calare la scure, mentre per la riduzione di 5mila posti la direzione è già stata prevista: accollarli, più o meno, a uno Stato che cerca disperatamente di mantenere attività manifatturiere in patria. 
La divisione chimica sarà infatti ceduta alla Development Bank of Japan, mentre le attività nei piccoli schermi Lcd confluiranno in una joint (con quelle di Hitachi e Toshiba) controllata da un fondo pubblico per la promozione dell'innovazione. Resta tutto da vedere se Hirai vincerà o meno la sfida, che non potrà non passare per una integrazione più stretta e creativa tra hardware e software.

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