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18 apr 2013

Perché il tombino è rotondo? Gli enigmi inattesi al colloquio





Quante palline da ping pong può contenere il Mediterraneo? Si nuota più velocemente nell'acqua o nello sciroppo? Sono alcune delle domande che sempre più aziende utilizzano nei colloqui di lavoro per valutare brillantezza, creatività e personalità dei candidati. In "Sei abbastanza sveglio per lavorare in Google?" una guida con i test e i quiz più diffusi, e le loro soluzioni


Sei a colloquio con il responsabile del personale, o giù di lì, di una multinazionale. Sei carico/a, convinto/a, pre-pa-ra-tis-simo/a: il tuo curriculum fa invidia, hai esperienza da vendere, sai quello che vuoi, sei quello/a che loro vogliono. Non ci sono dubbi, sei la persona giusta. Tutto fila liscio, c'è intesa, ma, poi, ecco la domanda che mai avresti pensato di sentirti rivolgere: "Quante palle da golf stanno in uno scuola-bus?". Sorridi, ti gratti la testa, balbetti qualcosa, ci provi, spari un numero. Sbagliato! Ti è data una seconda possibilità: "Come faresti a pesare la tua testa?". "Mmm, me la taglio?". Meglio passare ad altro: "Sei in un corridoio con le pareti di pietra e ti appare davanti il Principe delle tenebre, che fai?".

Queste sono solo alcune delle centinaia di domande apparentemente impossibili raccolte, insieme a test logici, rompicapi, enigmi e astrusi indovinelli (e, per fortuna, insieme alle loro soluzioni), dal giornalista statunitense – collaboratore, tra gli altri, di New York Times, Harper's e Village Voice – William Poundstone in "Sei abbastanza sveglio per lavorare in Google": una guida al "lavoro dei sogni del ventunesimo secolo", che svela "la storia, i segreti e le tortuose tecniche di selezione" per prima adottate dalle più importanti imprese al mondo, in particolare di quelle tecnologiche super-cool, e poi riprese anche dalle aziende più tradizionali (Mondadori, 312 pagine, euro 15,90).

Dedicato al matematico e filosofo Martin Gardner (che era anche enigmista, illusionista e inventore di giochi e di certo avrebbe saputo tener testa anche ai più perfidi e fantasiosi selezionatori), il libro è un inno al pensiero creativo con testimonianze, consigli e una ricca aneddotica, spesso assai spassosa, per sostenere e superare un colloquio di lavoro "ai tempi dell'economia globale" e, magari, conquistarsi un posto da Google o alla Apple, da anni due delle aziende più ambite al mondo e, proprio per questo, tra le più rigorose (e bizzarre) nei processi di recruitment.

"Viviamo in un periodo di disperazione, mai a memoria d'uomo la competizione è stata più aspra, mai i colloqui di lavoro sono stati più duri – scrive Poundstone –. Questo è il frutto amaro della ripresa economica senza occupazione e del mutamento della natura del lavoro". Di fronte all'aumento di chi cerca un impiego, i selezionatori si sono fatti sempre più esigenti, sfacciati, invasivi. Non bastano più le esperienze e le competenze acquisite, ora indagano le cosiddette "soft skills", quelle capacità relazionali e di adattamento, quelle creative e di leadership, che sempre più spesso fanno la differenza.

E se il colosso di Mountain View, per il fascino planetario che esercita, ma anche per i benefit riconosciuti ai dipendenti, riceve un milione di domande di assunzione all'anno (e si stima che soltanto una su 130 abbia esito positivo), "l'attuale esercito di disoccupati ha fatto di ogni compagnia un'emula di Google – continua Poundstone –. Aziende tutt'altro che attraenti ora si ritrovano con diversi candidati qualificati per ogni posto, così che molte delle domande che vengono proposte nei colloqui alla Google sono diventate merce corrente in altre compagnie".

Non deve stupire, allora, se durante una selezione viene chiesto di disegnare alla lavagna le proprie emozioni (è la tecnica del whiteboarding) oppure di rispondere a domande come "che specie di animale sei?" o "quando soffia il vento, un viaggio di andata e ritorno in aereo richiede più tempo, meno tempo o lo stesso tempo?": pratiche simili sono sempre più diffuse, anche per un posto in banca o in una catena della grande distribuzione, perché servono a valutare la creatività dei candidati (e a far sentire più brillanti i selezionatori). Non solo: "Dal momento che per gestire le normali attività non serve essere un genio della matematica, le compagnie tradizionali hanno intensificato gli sforzi per trovare l'accoppiamento perfetto tra candidato e personalità aziendale".

I colloqui diventano così sempre più simili a "speed dates", incontri al buio con un tempo limitato per fare colpo. Il segreto per arrivare in fondo rispondendo nel modo migliore (non quello giusto, perché spesso non c'è) è ascoltare attentamente la formulazione dei quesiti. È lì, infatti, che si possono trovare indizi importanti. Anche chiedere chiarimenti e ulteriori dettagli può essere ben visto. Fondamentale, poi, informarsi sull'azienda e, naturalmente, essere ferrati sul campo di propria competenza. Da evitare, invece, le risposte scontate, tecnicamente corrette, ma inutili nel fornire indicazioni su chi si è e su come si ragiona. "Le migliori risposte sono quelle che propongono un'argomentazione coerente" continua Poundstone.

Il peggior nemico in assoluto, però, è il silenzio. Mai fare scena muta, anche di fronte a una domanda a cui non si è proprio in grado di rispondere. "Esiste una tecnica per rimediare a una situazione infelice" spiega Poundstone. Non è un trucco, ma una semplice regola del "galateo del colloquio". I selezionatori sanno, infatti, che ogni innovazione richiede perseveranza, intuito e fortuna. Provare a dare una risposta, magari dopo aver riformulato la domanda e spiegato quali siano le difficoltà, "se non altro – conclude – dimostra che siete all'altezza per quanto riguarda la perseveranza".


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