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21 feb 2011

I giorni di Katharina libera tra sarti e letture in chiesa

L'EX BALLERINA POLACCA HA SOLO L'OBBLIGO DI RIENTRARE LA NOTTE NELLA CELLA

La Miroslawa fuori dal carcere. Il cappellano: «Se lo merita»

Katharina Miroslava in una foto d'archivio
Katharina Miroslava in una foto d'archivio
MILANO - Salvo rare eccezioni non si può dire che le altre detenute fossero tenere con lei. Per undici anni lo stesso ritornello, «È arrivata la ballerina innocente...». Ogni volta che «fuori» si parlava di lei, «dentro» era il tormentone: «Katharina chi ti credi di essere? Non sei nessuno, altro che famosa...». Angherie, dispetti, provocazioni.

Padre Andrea, ex cappellano del carcere veneziano della Giudecca, dice che Katharina Miroslawa, da due giorni semilibera, «è stata tutt'altro che privilegiata, anche se tutti credono il contrario» e aggiunge che «questa donna se l'è sudata fino in fondo, la libertà». Undici anni di carcere hanno trasformato la bella Katharina, da ballerina per night a esperta di «tecnica dell'abbigliamento e della moda» (diploma in cella, con la media dell'8 e ora anche un lavoro in un laboratorio di sartoria nel centro di Venezia). L'assassina spietata finita mille volte in prima pagina, oggi ha come amici più intimi padre Andrea e suor Gabriella, è affascinata da Sant'Agostino e Sant'Ignazio e sogna di laurearsi in teologia.

L'ormai ex danzatrice polacca esce di giorno e torna in cella a dormire in attesa che i magistrati decidano se concederle o no l'affidamento in prova ai servizi sociali che le consentirebbe di rimanere fuori anche di notte. Katharina, oggi quarantanovenne, fu condannata a 21 anni e mezzo di reclusione come mandante dell'omicidio dell'industriale e amante Carlo Mazza (nel 1986, a Parma). Lui morì con due colpi di pistola in testa una mattina di febbraio, lei finì sott'accusa dal primo giorno assieme all'ex marito Witold Kielbasinski, anche lui ballerino da night. L'inchiesta stabilì che fu Witold a uccidere con l'accordo di lei. Movente: una polizza sulla vita, da un miliardo, che l'industriale aveva intestato a Katharina poco prima di morire. Ma in primo grado gli indizi non ressero e i due furono assolti con la vecchia formula dell'insufficienza di prove. In appello arrivò il colpo di scena. Gli investigatori della compagnia di assicurazione che avrebbe dovuto liquidare il miliardo portarono in aula nuovi «gravi indizi»: il fratello di lei, Zbigniew, il giorno prima dell'omicidio aveva noleggiato un'auto ad Amburgo (dov'era la coppia in quel momento) che aveva poi percorso 2.200 chilometri, andata e ritorno da Parma. Partendo da quel dato la sentenza di secondo grado divenne una condanna: 21 anni e mezzo a Katharina e suo fratello, 24 al suo ex marito, poi confermati in Cassazione nel 1993. «Lei non c'entra niente» hanno ripetuto mille volte i due complici e Katharina si è sempre detta innocente ma nessun giudice le ha mai creduto.

Ha vissuto parte dei suoi sette anni di latitanza nei Balcani proprio mentre infuriava il conflitto serbo-bosniaco-croato. È rimasta nascosta in tuguri, capanne e campi profughi. Ma l'hanno anche fotografata in un hotel delle isole Canarie. Alla fine la polizia l'ha rintracciata a Vienna, nel 2000, in un appartamento fatiscente dove viveva con il padre, nemmeno uno spicciolo in tasca. «L'ho vista piangere poche volte ed è stato quando mi ha parlato dei tempi della latitanza. Ha visto i sorci verdi, povera ragazza, spesso aveva incubi» dice padre Andrea, oggi parroco dell'isola della Giudecca, rimasto in contatto con Katharina. 

Quella ragazza dalla bellezza così imponente si presentava a tutte le messe. «La vedevo sempre - ricorda don Andrea - così un giorno le ho chiesto "vuoi leggere qualcosa per tutti noi durante la funzione?". Mi rispose "no, no, per carità, mi vergogno", ma dopo un paio di domeniche venne a dirmi "ci ho ripensato. Se non mi sono vergognata di fare le esibizioni di una volta perché dovrei vergognarmi adesso?". E cominciò a leggere. Alla fine leggeva anche quando veniva il patriarca per le visite annuali. Una volta gli ha detto "ringrazio Dio per questa detenzione anche se la ritengo ingiusta"».

Troppa esibizione, secondo le compagne del penitenziario. Racconta padre Andrea: «Fra le detenute spesso ci sono invidie, cattiverie. La maternità è la sola cosa che le unisce, cose come la bellezza o la personalità diventano invece motivo di conflitti velenosi. L'hanno massacrata. Mi raccontava qualche volta che alla sera, quando si spegnevano le luci, le altre la mettevano in un angolo per farle dispetti, chiamiamoli così. Ma lei non si è mai lamentata, non ha mai odiato, ha sopportato per tutti questi anni. Ora: io non so se lei è davvero sulla via della spiritualità, queste cose sono da vedersi con la vita reale, fuori dal carcere. Se davvero succedesse, però, spero solo che Katharina faccia tutto in silenzio. Non credo molto a chi esibisce la propria spiritualità come fa per esempio l'attrice Claudia Koll».

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