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26 giu 2014

Privacy, storica sentenza Usa: "Non controllate i telefonini, sono una parte del corpo"

Il dispositivo del verdetto emesso dalla Corte Suprema segna una
rivoluzione. "Un tesoro di informazioni personali. Per perquisirli ci
vuole un mandato". Anche in caso di arresto


NEW YORK - "Un marziano sbarcato sulla terra potrebbe pensare che il
telefonino è un pezzo importante dell'anatomia umana". Non è una
battuta, è il dispositivo di una storica sentenza della Corte suprema
Usa. Che fa giurisprudenza sulla privacy degli americani. Stop alle
perquisizioni dei telefonini, anche in caso di arresto. La polizia
deve comunque richiedere un mandato giudiziario ad hoc, prima di
andare a guardare lì dentro. Proprio perché il telefonino è ormai
parte di noi, un tesoro di informazioni confidenziali, personali e
riservate. L'immagine del marziano la usa il chief justice, il
presidente dei giudici costituzionali, John Roberts. Repubblicano e
conservatore, potrebbe schierarsi dalla parte delle forze dell'ordine.
Invece no, la sentenza della Corte è unanime e Roberts la spiega così:
"Perfino la parola telefonino ormai è inadeguata, fuorviante. Li
potremmo chiamare videocamere, videoregistratori, agendine personali,
calendari, librerie, diari, album, televisioni, mappe, giornali".

Nella giustificazione scritta della sentenza, il numero uno dei
giudici costituzionali aggiunge: "Ormai il 90% degli americani ne
possiede, contengono una trascrizione digitale di ogni aspetto delle
loro vite, dai più banali ai più intimi, sono una parte pervasiva e
onnipresente della vita quotidiana". Una prolunga del nostro corpo,
appunto. E come tali vanno tutelate dalle violazioni, anche durante un
fermo di polizia. Fino a questo pronunciamento della Corte suprema, la
routine dei poliziotti era diversa. I tribunali di ordine inferiori
erano soliti giustificare ex post le perquisizioni dei cellulari,
accettando per buona la tesi dei poliziotti: ispezionare il telefonino
dell'arrestato può servire a prevenire un delitto in fieri, a
proteggere la stessa sicurezza degli agenti, o a impedire la
distruzione di una prova di reato. Roberts ammette che questa sentenza
complicherà il lavoro dei poliziotti. "I cellulari sono diventati uno
strumento importante di coordinamento e comunicazione tra membri del
crimine organizzato, possono fornire informazioni preziose per
incriminare pericolosi delinquenti". E tuttavia, conclude, "la privacy
ha un costo".

Sarebbe troppo alto il prezzo da pagare per la maggioranza dei
cittadini, in termini di perdita della riservatezza. Il Dipartimento
di Giustizia, che si era schierato a favore delle forze di polizia,
aveva tentato di dimostrare che frugare dentro la memoria di un
telefonino "non è diverso dall'ispezionare le tasche dell'arrestato,
il suo portafoglio, la sua borsa, il libretto degli indirizzi". Tesi
sconfitta. Dalla parte dei difensori della privacy, che hanno
sostenuto l'illegittimità delle ispezioni dei telefonini senza uno
specifico mandato, figurava anche il New York Times. L'ufficio legale
del quotidiano aveva deposto un'opinione davanti alla Corte suprema.
Secondo il New York Times e altri media la confisca del cellulare
viola il diritto di cronaca. La scesa in campo dei giornali è stata
motivata dai numerosi arresti di cronisti durante le manifestazioni di
Occupy Wall Street nel 2011.

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