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6 giu 2014

L’uomo che imita nel deserto la Galleria Vittorio Emanuele In Qatar 45 mila tonnellate di marmo di Carrara

A qualcuno il dubbio verrà: «Milano o deserto del Qatar?». Qui e là: Galleria Vittorio Emanuele, 150 anni dopo, a Doha, Golfo Persico. Fatta e finita in due anni, coincidenza vuole come l’originale (1865-1867), per volere, sogno e business di Muhammed Al Emadi, cinquantenne imprenditore del Qatar che ne farà una piazza tra il Foro e l’Agorà, Al Hazm, l’Altipiano: shopping, benessere, cultura, cibo. Dai ristoranti all’asilo, dalle palestre alle librerie alle boutique. Per ora però è «solo» un’opera da Guinness. Quarantacinque mila tonnellate di marmo bianco di Carrara, per esempio: fra i più grandi ordini mai registrati nella storia. Un’impresa che sa di favola - romantica più che folle - da Mille e una Notte. «Ero seduto da Biffi a cenare, come sempre quando sono a Milano - racconta Al Emadi che non vuole essere chiamato né emiro, perché in Qatar ce n’è solo uno ed è a capo del Paese, né sceicco perché non lo è -, e sono rimasto colpito dalla bellezza architettonica di Galleria Vittorio Emanuele II. Ho deciso allora di portare quell’atmosfera da noi». Ma perché in un Paese moderno, la riproduzione di un’opera di 150 anni fa? «Al Hazm è la tradizione proiettata nel futuro. E benché nel tempo le cose invecchino questo progetto è stato pensato, come tutta la visione del Qatar, perché nel tempo si rinnovi costantemente». 

«Un’avventura rinascimentale, grandiosa: ecco cosa - racconta Donata Sartorio, giornalista di moda, e che si occuperà di selezionare il made in Italy per gli spazi -. Che è nata sinceramente dal grande amore per la cultura italiana di questo imprenditore che si è fatto da solo, costruendo e investendo: suo padre era solo un semplice venditore di tappetti, niente petrolio». E il racconto sul personaggio è sorprendente: una moglie, otto figli, ha cominciato ad amare l’Italia prima per il cibo e poi la cultura e la moda. A Milano da una decina di anni alloggia sempre al Seven Stars, un hotel lussuosissimo ma defilato in Galleria Vittorio Emanuele, appunto. «Conosce veramente metro per metro e volti di quel crocevia - continua Donata Sartorio a conferma delle parole dell’imprenditore -. I ristoratori quando lo vedono sanno che devono preparagli il “suo” filetto al pepe verde».

La sua passione per il marmo, è maniacale: ogni volta che passa vicino a un edificio «bussa» per capire di che materiale è fatto. Ecco spiegato l’ordine record; fra l’altro, per questo, la segreteria del premier Matteo Renzi ha chiesto di incontrarlo e Muhammed Al Emadi ha accettato l’invito. Non l’unica cifra stellare, comunque: 7.500 tonnellate di onice e giallo di Siena e 45 mila di travertino. E (ovviamente) quaranta milioni di euro, parte di un investimento complessivo che si aggira sui 500 milioni. Ufficialmente in novembre apriranno ristoranti, giardino, asilo e Spa mentre le boutique e la libreria da 800 metri quadrati saranno inaugurate nel 2015. Ci sarà un impianto di aria condizionata in esterno «rivoluzionario»: manterrà la temperatura a 30 gradi quando stagionalmente arriverà a 50. «L’ambizione è quella di una piazza dove oriente e occidente si incontrino senza pregiudizi e limiti. E dove sia raccontata con grande semplicità la storia di una tradizione - continua Donata Sartorio -: per quell’uomo la discriminante non è che un oggetto costi molto, ma che sia ben fatto». E lui, ancora: «Al Hazm rappresenta un valore aggiunto per il paese e in quest’ottica, credo che “Mecenate” può essere il termine giusto per descrivere lo spirito col quale contribuisco a questa filosofia di sviluppo».

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