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29 mag 2014

Quel vizietto della Germania di intervenire sulle aste per coprire titoli invenduti e ridurre il costo del debito. Perché non lo fanno anche gli altri?

Ormai si può parlare di prassi. In 15 giorni per ben due volte la
Bundesbank (la Banca centrale della Germania) è intervenuta sul
mercato primario (quello dove un Paese colloca in prima battuta titoli
di Stato con accesso riservato a investitori privati, quindi fondi e
grandi banche internazionali) "congelando" la quota di titoli
invenduta a causa di mancanza di offerta, per destinarli in un secondo
momento sul mercato secondario (quello aperto a tutti gli investitori,
anche le famiglie). Una tecnica che consente alla Germania di ridurre
il costo che paga sul debito.

Ma è possibile? Nel dettaglio, ieri era in programma un'asta di Bund a
30 anni. Ma ancora una volta una parte dell'offerta di titoli è
risultata scoperta in quanto gli investitori richiedevano rendimenti
più elevati. Alla fine è stato raccolto quanto previsto, 1,8 miliardi
di euro, ma 377 milioni sono stati coperti grazie all'intervento della
Bundesbank che ha coperto l'invenduto. La scorsa settimana era
successo con l'asta del Bund decennale, dove per raccogliere 5
miliardi non erano stati sufficienti gli investitori privati (3,72
miliardi), il resto, 1,28 miliardi, era stati coperto dalla
Bundesbank.

Episodi analoghi erano successi nel 2011 e nel 2012, nella fase di
turbolenza dei mercati finanziari, con altri interventi da parte della
banca centrale tedesca il giorno dell'asta. Mosse che aprono il
dibattito se sia praticabile o meno un comportamento del genere da
parte di una Banca centrale all'interno dell'Eurozona.

I Trattati europei infatti sono categorici. L'articolo 101 del
Trattato di Maastrich vieta l'acquisto sul mercato primario di titoli
di Stato da parte delle banche centrali. Così è scritto «È vietata la
concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di
facilitazione creditizia, da parte della Bce o da parte delle banche
centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali
nazionali»), a istituzioni o organi della Comunità, alle
amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti
pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche
degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di
titoli di debito da parte della Bce o delle banche centrali
nazionali».

Quindi, non si scappa. Le banche centrali nazionali, così come la
Bundesbank, non possono acquistare titoli invenduti in asta.
Altrimenti si verrebbe a configurare come un "prestito di ultima
istanza" o una monetizzazione del debito. Azioni che, per come è
costruita l'architrave europea, non è possibile compiere.

Quello che però fa la Bundesbank è un'altra cosa. Non acquista i
titoli di Stato invenduti sul mercato primario ma li custodisce in una
sorta di conto vendita definito "Ammontare messo da parte per
operazioni sul mercato secondario". Un servizio che la Bundesbank
svolge per conto dell'Agenzia del debito tedesca (Finanzagentu). I
titoli invenduti finiscono in sostanza in una sorta di "non luogo",
sono come sospesi in attesa di essere collocati sul mercato
secondario.

Entriamo quindi nel campo delle tecnicalità, ma si tratta di
tecnicalità che permettono alla Bundesbank di non violare i trattati
europei. Resta però il fatto che in questo modo viene scongiurato un
innalzamento dei tassi e dei costi del debito. O meglio la Bundesbank
prende del tempo per provare a ricollocare la quantità di titoli
emessa ma non collocata nel giorno dell'asta a tassi più favorevoli
direttamente sul mercato secondario, tendenzialmente più liquido del
mercato primario in quanto aperto non solo agli investitori privati
istituzionali ma anche al pubblico e, potenzialmente, secondo quanto
prevedono i trattati europei (prima in base al piano Smp e poi
all'Outright monetary transaction) alle banche centrali stesse
(seppure in condizioni particolari).

«Il vantaggio è quello di non dover sottostare al "ricatto" dello
spread o della mancanza di compratori che genera un innalzamento dei
rendimenti e provoca i dissesti nelle finanze dei Paesi più deboli, o
che non hanno il peso specifico necessario per procedere a mettere in
atto queste azioni elusive», spiega Gabriele Roghi, responsabile della
consulenza agli investimenti di Invest Banca.

In questo modo i trattati vengono rispettati formalmente. Ma allora
non potrebbero emulare la stessa strategia (congelare l'invenduto sul
mercato primario non alzando quindi il tasso iniziale sul costo del
debito e poi destinare sul secondario l'invenduto in momenti migliori
e in fase di tassi calanti) anche altri Stati dell'Eurozona per
abbassare il costo del debito?

«La modalità di emissione dei titoli di Stato da parte della Germania
rappresenta certamente un'eccezione sul mercato che però formalmente
non viola i trattati europei perché non è la Bundesbank che acquista i
titoli sul mercato primario. Dal punto di vista finanziario la
possibilità di non collocare tutto l'ammontare di obbligazioni
annunciate, ma di poterlo immettere sul secondario nei giorni
successivi, rende più stabili i rendimenti: infatti gli investitori
possono contare sul fatto che se nel giorno dell'emissione ci sono
particolari tensioni, l'ammontare collocato sarà inferiore e comunque
non sarà aumentato il tasso offerto per poter collocare tutto
l'ammontare annunciato - spiega Daniele Guidi, responsabile linee di
gestione di Bnp Paribas investment partners -.
Purtroppo però questa modalità operativa se fosse adottata da Paesi
meno virtuosi non avrebbe la stessa efficacia: infatti nonostante il
cosiddetto flop dellultima'asta, il Bund decennale sta tornando in
prossimità dei minimi dell'anno (1,30%), a testimonianza che il
collocamento della quota residua potrà essere fatto senza alcun
problema. Viceversa se un Paese con problemi sta emettendo 5 miliardi
di euro di un titolo di Stato e l'asta va male, gli investitori
reagiranno molto male al basso livello di domanda, per cui i tassi (e
soprattutto gli spread) pagati da quel Paese saliranno subito in
misura significativa. In questi casi è allora da preferire aumentare
subito in fase di asta il rendimento offerto, pagando un premio
rispetto al mercato secondario in modo da avere una domanda più
elevata che si tradurrà in maggior fiducia e, probabilmente, in tassi
(e spread) più bassi in futuro».

«Questo intervento della Bundesbank è in linea con quanto avvenuto
fino ad oggi sin dal sorgere della crisi del debito sovranazionale:
ossia che le le diverse autorità eseguono delle operazioni, a cui
formalmente vengono trovate delle giustificazioni, ma che avremmo
ritenuto in contrasto con i principi generali stabiliti dalle leggi -
argomenta Luca Gianelle, client portfolio manager di Russell
Investments -. Quanto è successo nelle ultime aste non deriva da una
mancanza di fiducia da parte degli investitori circa la solvibilità
del debito tedesco, quanto piuttosto il segnale che gli investitori
stessi ritengono troppo basso il tasso di interesse offerto. Se la
Bundesbank è intervenuta viene a dare una diretta indicazione alla
Bce: operazioni di quantitative easing appaiono sempre di più la via
necessaria per tenere stabilmente bassi i tassi d'interesse nel tratto
medio / lungo della curva, soprattutto per il Bund tedesco».

In sostanza la Germania può permettersi in questo momento di giocare
questa ulteriore fiche (rimandare il collocamento di titoli emessi per
ottimizzare il tasso che si prefigge di pagare) perché comunque
riscuote di più fiducia di altri Paesi. E poco importa, se il
meccanismo con cui ciò avviene, sia quantomeno contorto e viene
operato da chi sembra conoscere i meandri dei trattati europei meglio
di tutti.

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