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16 mag 2014

Luisa Todini, "Rai e Poste Italiane? Non sono ruoli incompatibili, io sono multitasking" (FOTO)

Non esiste incompatibilità tra i due ruoli" - presidente di Poste Italiane e consigliere di amministrazione Rai - "sono multitasking, faccio tutto e bene". Non si schioda di una virgola Luisa Todini, 47 anni, presidente e socio unico della Todini Finanziaria, ex eurodeputata forzista a soli 28 anni. In un'intervista al Corriere della Sera, Todini respinge al mittente le critiche di chi la accusa di essere troppo attaccata alle poltrone. "Non mi aggrappo alle poltrone, non è mia educazione. Sono a disposizione, se me lo chiedono, mi faccio da parte".

L'imprenditrice racconta di come sia Monti che Berlusconi che Renzi le abbiano chiesto in passato "di diventare ministro", o perlomeno abbiano "sondato la mia disponibilità". "Ho sempre risposto di no. Quello sì che sarebbe stato incompatibile con la mia vita. Con Poste Italiane e Rai, invece, posso mettere a disposizione il mio buon senso imprenditoriale. Dare un contributo per migliorarle. Mi sento una civil servant".

A rinunciare a uno dei due stipendi non ci pensa proprio: "Non sarebbe giusto - spiega - Il lavoro va sempre pagato, è una mia regola. E io lavoro parecchio". Come presidente delle Poste, il suo stipendio è di 238mila euro lordi, a cui vanno aggiunti i 66mila da consigliere Rai.L'affaire Todini si inserisce in un momento molto delicato per le relazioni tra il premier Renzi e il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, tra cui si iniziano a vedere i primi segni di disgelo. L'adeguamento deciso dal cda al tetto di 240mila euro per manager e giornalisti Rai ha contribuito a scongelare i rapporti tra Palazzo Chigi e Viale Mazzini. Come scrive oggi il Messaggero, è molto probabile che dopo le elezioni il presidente del Consiglio e il direttore generale della Rai si vedano per avviare un piano di ristrutturazione dell'azienda che passerà anche per la valorizzazione delle torri di trasmissione detenute da RaiWay.

Ieri il consiglio di amministrazione della tv pubblica ha dato il suo ok alla decurtazione dei compensi sopra i 240 mila euro lordi annui, fissati come tetto per manager pubblici dal governo. Ad essere ridimensionato, con una delibera ad hoc, è stato in primis lo stipendio del presidente Anna Maria Tarantola, che percepiva 366 mila euro lordi annuali, ed è sottoposta ad una normativa specifica.

Discussione a parte in Cda quella invece relativa agli altri dirigenti di Viale Mazzini. Alla luce di un parere dell'ufficio legale Rai, che solleva dubbi sull'applicabilità della normativa, si è deciso di intervenire anche sui loro compensi, utilizzando la formula dell'autoriduzione dello stipendio. Un taglio attuato in via cautelativa, in attesa di ulteriori approfondimenti e della conversione in legge del decreto Irpef che contiene la misura. La mannaia colpirà, oltre al presidente, il direttore generale, Luigi Gubitosi, che percepiva 650 mila euro, e altri 43 dirigenti, tra cui i manager ai vertici delle strutture interne e delle società controllate, e anche i giornalisti.

Coinvolti, tra gli altri, l'ex dg Lorenza Lei, ora presidente di Rai Pubblicità, il vicedg Antonio Marano, il direttore del Tg1, Mario Orfeo, il direttore di RaiSport, Mauro Mazza, e quello di Rai1, Giancarlo Leone. I ricorsi sono però dietro l'angolo: non solo perché è opinione diffusa in Rai che la misura sia applicabile solo ai contratti siglati dopo il varo del tetto, ma anche perché i giornalisti ritengono di non poter essere sottoposti alla normativa pubblicistica, sostenendo di avere di fatto un rapporto di diritto privato.

I dirigenti in Rai sono circa 300: di questi tre (incluso il dg) guadagnano sopra i 500mila euro, uno tra i 400 e i 500mila euro, quattro tra i 300 e i 400mila euro, trentaquattro tra i 200 e i 300mila euro. Tra i 322 giornalisti dirigenti, uno (l'ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini, ora senatore in aspettativa) riceve una busta paga sopra i 500mila euro, tre tra i 400 e i 500mila euro, tre tra i 300 e i 400mila euro, ventiquattro tra i 200 e i 300mila euro. Rimandata, invece, in cda la discussione sul possibile ricorso contro il taglio di 150 milioni inserito nel decreto Irpef ora al vaglio della Commissione Bilancio del Senato.

L'articolo sulla tv pubblica è stato bersagliato da una cinquantina di emendamenti, alcuni bipartisan. Diverse le 'ricette' e le alternative proposte, ma la richiesta di sopprimere tutto l'articolo arriva da Pd, Lega, Fi e M5S. Sempre dal Pd la richiesta di sostituire il taglio con il 50% delle somme recuperate dalla lotta all'evasione del canone.

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