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28 giu 2013

Il lusso è un peccato? Dipende dal modo in cui si sposa


Nella vita ci sono le scelte razionali e quelle (qualche volta solo apparentemente) irrazionali. Appartiene alla prima categoria l'acquisto di ciò che è strettamente utile e indispensabile. Della seconda categoria fa parte ciò che va oltre: un pianoforte, un quadro, un'auto sportiva, un orologio di pregio, uno yacht, un gioiello e qualsiasi alto bene di lusso.



Questi acquisti non hanno una giustificazione utilitaristica, nella sua dimensione più stretta, perché non si legano alle necessità vitali, ma regalano emozioni, cioè qualcosa che vale più del mero calcolo economico e ragionieristico.

Spesso blindano pure il capitale e lo rivalutano nel tempo, meglio degli strumenti finanziari, ma soprattutto fanno bene allo spirito. Questo basta a superare i ferrei limiti della riflessione analitica, aggrappandosi alla quale la vita diventerebbe solo un percorso di rinunce, senza neppure un minimo di utilità sociale.

Tenere fermi i propri averi o parcheggiarli, magari, al servizio di pochi speculatori, vale più che comprare un oggetto costoso? Mette a posto meglio con la propria coscienza? Non credo. Anzi, spendendo per acquistare un pianoforte, un'auto sportiva, uno yacht e qualsiasi altro bene di lusso si alimenta un'economia dal peso molto importante, specie in Italia, creando opportunità di lavoro che valgono più di certe forme di beneficienza, perché danno la canna da pesca e non il pesce.

Ecco perché, potendo, comprei tanti di questi beni "irrazionali", senza sentirmi in colpa con la mia coscienza. Ovvio che tali capolavori o oggetti di pregio vanno acquistati per appagare una passione o un interesse personale vissuto nel profondo, non per stupida e volgare ostentanzione. In quest'ultimo caso, infatti, il lusso diventa peccato perché mira a ferire il prossimo.

Nelle altre situazioni è un modo, invece, per contribuire a un proprio bisogno e al bisogno del mercato di costruire occasioni di lavoro. Dal mio punto di vista è da guardare in modo più critico chi ha tanto e non lo spende, perché (come si dice dalle mie parti) non fa né per lui né per gli altri.


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