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18 mar 2013

"Noi, agnelli inermi contro il prete lupo" Il film-shock sulla pedofilia nella Chiesa Sbarca in Italia il documentario "Mea Maxima Culpa" del premio Oscar Alex Gibney: quattro non udenti di Milwaukee raccontano gli abusi subiti da un sacerdote in un istituto per sordi. Duecento ragazzini violentati, ma il Vaticano non gli impose mai di rinunciare all'abito talare. L'autore: "Volevo denunciare l'omertà dei massimi vertici ecclesiastici"

ROMA - "Nella notte, mentre noi agnelli riposavamo nei dormitori, tu,
che eri il lupo, arrivavi. E ogni volta sceglievi la preda. Per questo
io, che sono stato uno delle tue vittime, ti odio". Parole dure,
forti, intense. Ma anche coraggiose. E liberatorie. Perché a scriverle
è stato un uomo non udente di Milwaukee, Wisconsin, in una lettera
indirizzata a a padre Lawrence Murphy: sacerdote che per circa 25 anni
ha lavorato in un istituto per sordi, e che ha commesso su di lui - e
su altri 200 bambini - continui abusi sessuali. Un anatema rivolto
dunque al prete pedofilo che ha rovinato la sua infanzia: un
violentatore seriale rimasto sempre impunito, malgrado il quarto di
secolo trascorso a commettere stupri e molestie; morto alcuni anni fa
in un cimitero consacrato, senza mai aver dovuto rinunciare al
sacerdozio. Così come accaduto ad altri suoi colleghi di clero che
hanno commesso reati: nella vicina Boston, ma anche in Irlanda e qui
in Italia.

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Una vicenda drammatica, che gronda ingiustizia. E che emerge da un
docufilm-shock appena sbarcato nelle sale italiane, grazie alla
Feltrinelli Real Cinema (che lo distribuisce anche in dvd): si chiama
Mea Maxima Culpa - Silenzio nella casa di Dio, ed è diretto dal
regista premio Oscar Alex Gibney. Un'inchiesta dolorosa, documentata,
che non fa sconti a nessuno. E che colpisce lo spettatore per almeno
due motivi. In primo luogo, per la mole delle testimonianze dirette
che è riuscito a mettere insieme: in particolare quelle di quattro
ospiti dell'istituto, che da ragazzini subirono con la forza le
attenzioni di Murphy. I loro nomi sono Terry Kohut, Gary Smith, Pat
Kuehn e Arthur Budzinsky (in originale li doppiano attori famosi, come
Ethan Hawke e Chris Cooper). Sono stati loro, fin dalla gioventù, a
cercare di fermare il loro carnefice; ad esempio creando dei volantini
contro di lui, e distribuendoli nelle chiese. E poi, da adulti,
denunciando pubblicamente la vicenda. I loro racconti sono
agghiaccianti: rivelano ad esempio la furbizia del prete, che
sceglieva i piccoli di cui abusare tra quelli i cui genitori non
parlavano il linguaggio dei segni. Come garanzia che quelle pratiche
sarebbero rimaste non denunciate, e non punite.

E poi sullo schermo vediamo anche altri personaggi americani che hanno
combattuto contro l'omertà della Chiesa: l'avvocato Jeff Anderson,
specialista in class action contro i vertici cattolici; il reverendo
Thomas Doyle, prete domenicano ed ex componente dell'ufficio del
Nunzio papale a Washington, che ha consacrato la sua vita a stare
dalla parte delle vittime; l'ex Arcivescovo di Milwakee che tentò di
far processare Murphy, ma che fu fermato dallo scandalo che lo
coinvolse personalmente, quello di avere un amante gay (ma adulto e
consenziente).

E oltre al caso del Wisconsin, il film torna anche su altri episodi.
Come quello, più noto, degli abusi sessuali compiuti da un prete di
Boston, John Geoghan, e che fu coperta dall'arcivescovo della città,
Bernard Law. Lo stesso Law non è stato ufficialmente redarguito o
punito per i suoi silenzi, ma è stato trasferito in una delle chiese
più importanti di Roma, Santa Maria Maggiore. Dove qualche giorno fa -
come alcuni giornali hanno riportato - il neoPapa Francesco si è
rifiutato di incontrarlo: un modo plateale per mostrare la sua
disapprovazione. Ci sono poi riferimenti documentati al caso italiano
di Verona, che ha coinvolto come a Milwaukee dei ragazzini di un
istituto per non udenti; a quello irlandese, clamoroso, che coinvolse
padre Tony Walsh, e portò a un contrasto durissimo tra la Chiesa e il
governo del paese; e quello di Marcial Maciel Degollado, fondatore dei
Legionari di Cristo, vicinissimo a Giovanni Paolo II, definito
"tossicodipendente e molestatore", e che solo dopo la morte di papa
Wojtyla Ratzinger "esiliò" (esilio dorato, come sempre accaduto) a
Jacksonville, Florida, dove poi è morto. Tra i particolari curiosi,
c'è invece la decisione presa alcuni anni fa di trasferire tutti i
religiosi colpevoli di abusi in un'isola, una sorta di "isola dei
pedofili": fu anche individuata un'isoletta dei Caraibi, vicino
Grenada; ma il progetto di deportazione fu in seguito abbandonato.

Ed è qui che veniamo al secondo aspetto del film che colpisce lo
spettatore, e che riveste grande interesse: l'atteggiamento del
Vaticano. La pellicola ricorda come nel 1991 l'allora cardinale Josef
Ratzinger, capo della Congregazione della dottrina della fede, chiese
che tutti i casi di abusi verso minori finissero sulla sua scrivania:
"Nessuno più di lui sa tutto sulla vicenda", viene ricordato dallo
schermo. E anche grazie a testimonianze di giornalisti italiani come
Marco Politi (ex vaticanista di Repubblica, ora opinionista del
Fatto), l'immagine del papa emerito ne esce in chiaroscuro: avrebbe
voluto procedere contro alcuni dei sacerdoti più colpevoli; ma non
avrebbe avuto il coraggio o la forza di farlo, per l'atteggiamento
contrario di alcuni degli uomini chiave della Curia, da Angelo Sodano
a Tarcisio Bertone.

Dell'esistenza di una congiura del silenzio, del resto, è convinto il
regista di Mea Maxima culpa, Alex Gibney. "E' cospirazione - dichiara
- come dimostra un documento vaticano scoperto di recente, conosciuto
come crimen solicitiationis, secondo cui ogni abuso ecclesiastico che
implichi la violazione del segreto della confessione debba essere
tenuto segreto all'autorità civile e alle famiglie delle vittime, pena
la scomunica". Tutto deve restare nascosto, dunque. Ma visto che la
pellicola arriva nei cinema italiani pochi giorni dopo l'elezione del
nuovo Papa, la speranza di molti spettatori sarà che Francesco rinnovi
la Curia anche su questo punto.

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