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11 mar 2013

Conclave, anche gli Usa in corsa. È Dolan il candidato ombra

Dopo il primo scrutinio, il fronte anti Curia pronto a scegliere tra
lui e Scola. L'arcivescovo di New York ha guadagnato molte posizioni
durante i recenti sinodi. Come fece Karol Wojtyla prima del conclave
che poi lo elesse

di PAOLO RODARI

Timothy Dolan

CITTÀ DEL VATICANO - Gli americani non si sono ritirati dopo il sacro
bavaglio imposto loro dalla Curia romana. Annullati i briefing con la
stampa in obbedienza al volere del decano del collegio cardinalizio
(Angelo Sodano) e del camerlengo (Tarcisio Bertone), hanno continuato
silenziosamente a tessere la tela per un nome interno, un candidato
già considerato papabile all'annuncio della rinuncia di Ratzinger ma
poi tenuto volutamente nell'ombra vista l'ascesa di Angelo Scola. Si
tratta di Timothy Dolan (63 anni), arcivescovo di New York. Per lui si
è mosso di gran carriera il cardinale di Chicago Francis George, suo
predecessore alla guida dei vescovi del paese, vero Pope-maker della
compagine americana.

Ma ora il gioco è scoperto tanto che su Dolan sembrano pronti a
confluire non soltanto i voti dei suoi connazionali, ma anche quelli
di diversi vescovi residenziali italiani per diversi motivi ostili
alla Curia romana e insieme favorevoli a un papato più alla Karol
Wojtyla (carisma ed energia) rispetto all'ipotesi Scola: Angelo
Bagnasco (Genova), Giuseppe Betori (Firenze), Carlo Caffarra (Bologna)
e Crescenzio Sepe (Napoli).

Certo, Scola vanta un buon pacchetto iniziale di voti e resta il
candidato di diversi extra europei e di molti dei mitteleuropei, su
tutti il "progressista moderato" e primate di Vienna Christoph
Schönborn. Una scelta forte, la sua, soprattutto in vista di un
ribaltamento della curia romana, la riforma della struttura e la
pulizia interna.

Eppure Dolan, ostentando indifferenza e non poca ironia proprio in
merito alla possibile salita al soglio, avanza forte anche di un
precedente: non è un mistero per nessuno che Wojtyla costruì gran
parte della sua elezione durante i cinque Sinodi dei vescovi che
precedettero il secondo conclave del 1978. Così anche Dolan, che ha
guadagnato non poco consenso non soltanto nei recenti Sinodi ma anche
e soprattutto nel concistoro del febbraio del 2012. Qui Ratzinger
chiese a lui di aprire i lavori. E lui strappò applausi spronando la
Chiesa ad annunciare il Vangelo in maniera semplice e diretta, senza
fughe cerebrali degne dei teologi. "La nuova evangelizzazione -
disse - si compie con il sorriso, non con il volto accigliato".

"Tutto è ancora possibile", dice a Repubblica un grande vecchio del
collegio cardinalizio. Una considerazione confermata anche da un astro
nascente del cardinalato francese, l'arcivescovo di Lione, Philippe
Barbarin: "La volta scorsa c'era una figura di spessore, molto
superiore di tre o quattro volte al resto dei cardinali. Era un
teologo unico. E stiamo parlando di Joseph Ratzinger. Ora non è così.
Quindi la scelta deve essere realizzata su 1, 2, 3, 4, 5, 12
candidati... Finora non sappiamo proprio nulla, dovremo aspettare
almeno i risultati del primo turno".

È qui, al primo turno, che i due fronti usciranno allo scoperto. E qui
che si capirà se, in opposizione a Scherer, Dolan sarà un passo avanti
a Scola o viceversa. Fermo restando che chi dei due resta indietro,
potrà poi tornare in gara nel caso i due fronti si blocchino senza
auto escludersi. Nel "partito romano", Scherer resta il primo
candidato, spinto in queste ore dal cardinale Giovanni Battista Re che
in conclave farà le veci del decano Sodano che, ultraottantenne, resta
fuori. Scherer è una scelta molto romana. Non tutti i brasiliani,
infatti, sono disposti a votarlo. Nel 2011, quando dovettero scegliere
il presidente della Conferenza episcopale, gli preferirono Raymundo
Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida.

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