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28 gen 2013

Monte dei Paschi, Mussari e una storia spericolata, anche politica

Divorato dai demoni della finanza, come sono ormai definiti (nel bene e nel male) i derivati. O divorato dal demone della finanza che ha trasformato il Monte dei Paschi, la più antica banca italiana esistente, da placido sportello che alimentava il sistema economico e politico di Siena in un raider spericolato? La caduta di Giuseppe Mussari, che ieri si è dimesso dalla presidenza dell'Assobancaria, viene spiegata così.

Ma la crisi che investe Mps e l'uomo che l'ha guidata per dieci anni, in posizioni diverse (prima alla guida dell'azionista di maggioranza, la Fondazione, poi della banca stessa) ha implicazioni molto vaste, anche politiche.

1) Si tratta di una tegola sulla testa del Pd (e dei suoi predecessori) che ha sempre governato la città e la sua cassaforte. Lo stesso Mussari, del resto, nasce politicamente nel Pci e non abbandona mai la sinistra.
2) Segna un altro scacco per i politici-banchieri (e banchieri-politici) che hanno dominato finora con esiti più o meno positivi.
3) Rimette in discussione parte della strategia di crescita e acquisizioni che ha cambiato il sistema bancario italiano nell'ultimo decennio.

Le micce che hanno fatto esplodere la santabarbara senese hanno nomi mitici: Alexandria e Santorini. La prima è la società veicolo che fa capo a Dresdner Bank dalla quale nel 2005 Mps acquista Cdo (collateralized debt obligations) per 400 milioni di euro. Debbono servire a spostare nel tempo i rischi, come scrivono i manuali di finanza aziendale; tutto regolare, i Cdo vanno per la maggiore e i titoli Alexandria hanno la tripla A. Poi arriva la grande crisi e nel 2009 la banca senese perde oltre la metà dell'investimento: 220 milioni. Come rimediare? Con Nomura alla quale vende i cdo in cambio di Btp trentennali, tre miliardi di euro comprati facendosi prestare i quattrini da Nomura. Il vantaggio è acquisire titoli stabili e a lunga scadenza. Poi scoppia la crisi del debito sovrano, i Btp crollano mentre si torna a guadagnare con i Cdo.

Nel misterioso mondo dei derivati, Mps non era entrata con Mussari, ma molto prima, con Vincenzo De Bustis, il banchiere dalemiano finito poi in Deutsche bank. Nominato direttore generale, ha portato a Siena la Banca del Salento (rinominata Banca 121) piena di derivati e prodotti tossici dai nomi hollywoodiani (MyWay, 4You) che provocano una maximulta della Consob e due condanne dai tribunali di Firenze e Brindisi. Tra il 2002 e il 2003, Mps prova a comprare Bnl, ma viene stoppato dal governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio e dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

Sempre in quel periodo nasce l'operazione Santorini con Deustche Bank (naturalmente): questa volta si tratta di un Trs (total return swap), titolo che scommette sui tassi di cambio europei e americani. Anche questo finisce per perdere quasi 150 milioni.Di Alexandria e Santorini sembra che nessuno sapesse nulla. Le indagini faranno luce.
Intanto Alessandro Profumo, il nuovo uomo del Monte, ha tolto la polvere nascosta sotto il tappeto. E l'insieme delle perdite dovrebbe costare 500 milioni di euro in più ai contribuenti italiani che salveranno la banca senese con un prestito di 3,9 miliardi in titoli speciali: i Monti bond dopo che incorporano anche il miliardo e 900 milioni di Tremonti bond emessi nel 2009.

Una somma ingente e non dipende dai demonietti derivati, ma da una politica di prestiti a go go e da una crescita eccessiva. I crediti a rischio ammontano a 17 miliardi, i titoli di stato 26 miliardi, i derivati altri 11, mentre per Antonveneta sono stati spesi 10 miliardi di euro, tre in più di quanto l'avevano pagata gli spagnoli del Santander.
Al Montepaschi avevano sbagliato i calcoli o si erano montati la testa? Un po' l'uno un po' l'altro, ma allora conviene tornare al personaggio e al sistema Siena, rispetto al quale sia Profumo sia De Bustis rappresentano due eccezioni.
Mussari, in realtà, nella città toscana si era fatto le ossa. Non il profilo curiale del banchiere, ma non è nemmeno un McKinsey boy, non viene dalla fertile nidiata della Banca d'Italia, né dalla finanza privata. Semmai è una figura relazionale, anzi politica. Una dote che saprà usare anche all'Abi dove viene eletto con il sostegno di tutte le grandi banche. Nato a Catanzaro il 20 luglio 1962, si laurea in giurisprudenza a Siena nel 1988 con 110 senza lode.

Dal 1993 è scritto all'albo degli avvocati nel foro cittadino e comincia nelle cooperative, come si confà nelle regioni rosse. Per tre anni presiede la Camera penale, trampolino che lo introduce alla presidenza della Fondazione a partire dal 2001. E' il cuore finanziario e il cervello strategico. Lì si fanno i sindaci, i presidenti della provincia, i segretari di partito. Ha un valore stimato di 3 miliardi e 330 milioni, un miliardo in più della Compagnia Sanpaolo, con la differenza che a Siena vivono 50 mila persone, a Torino un milione e mezzo. Il consiglio di amministrazione è la stanza di compensazione di tutti i poteri forti locali, compresa la Curia e l'Università che hanno un proprio rappresentante.

L'ambizione, non solo di Mussari, ma dall'intero gruppo dirigente che lo sostiene, è di uscire dal piccolo mondo antico per entrare nel grande gioco nazionale, quanto meno e poi internazionale. L'occasione si presenta nel 2005, l'anno delle scalate. Mps è in cordata con la Unipol guidata da Giovanni Consorte, per conquistare Bnl. Mussari, dalla tolda della Fondazione, gioca un ruolo importante, sostenuto da Giuliano Amato e Franco Bassanini, contro l'asse dalemiano. Lui, il sindaco di Siena e il presidente della provincia, tutti uomini Pd doc, vengono attaccati da Nicola Latorre, braccio destro di Massimo D'Alema. Ma vanno avanti, cementando un asse con Francesco Gaetano Caltagirone.

Uscito sconfitto dall'operazione Bnl, il costruttore romano cambia strategia e investe su Siena. Mps si lancia su Antonveneta abbandonata da Fiorani comprata prima da Abn e poi dal Santander. L'acquisizione appesantisce il bilancio e deprime il titolo che scende da 5 a 3 euro prima che la tempesta perfetta del 2008 s'abbatta su tutte le banche.Da quel momento in poi, tutto crolla. La crisi colpisce duro anche la Unicredit di Profumo che nell'autunno del 2008 rischia grosso, ma non c'è dubbio che il Montepaschi è l'anello debole della catena, tanto che alla fine risulta essere l'unica banca a ricorrere all'aiuto pubblico.

Mussari lascia la plancia di comando e si sposta all'Abi, usando al massimo le sue doti. Cerca di invertire il senso comune negativo contro i banchieri, fa molta immagine e si batte duramente per far rinviare le regole di Basilea, sfidando anche l'autorità bancaria europea. E il destino vuole che il macigno Mps s'abbatta su di lui proprio mentre sta mettendo in carniere un successo per il mondo che rappresenta. 
Ora si cercherà di trarre facili lezioni dal collasso delle ambizioni di Mussari e del Montepaschi. Contro la finanza, il gigantismo, le velleità di un mondo bancario che resta piccolo e provinciale. 
Meglio astenersi da facili sentenze. Certo, i contribuenti che pagheranno il salvataggio, hanno il diritto di sapere, di ragionarci su e di individuare tutte le responsabilità, non solo i capri espiatori.

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