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16 ott 2012

Starbucks-evasore, ora Londra accusa «Neanche una sterlina negli ultimi tre anni»


Ma nel 2008 l'ad Schultz pianificava nuove filiali. Ora si scopre che dal '98 ad oggi il gruppo ha pagato solo 8,6 milioni

(Reuters)(Reuters)
A onor del vero sarebbe soltanto l'ultimo dei grandi marchi globali - conosciuti e apprezzati in tutto il mondo - ad essere accusato di "finanza creativa". Di capolavoro di ingegneria contabile. Di (presunta) evasione fiscale, al netto della sua diffusione, della sua capillarità nei paesi avanzati (Italia esclusa, ma si sa da noi la cultura del caffè risponde a una tradizione secolare iscritta nel corredo cromosomico del Paese).

L'ACCUSA - L'accusa - diffusa dall'agenzia Reuters e ora "tracimata" sui principali quotidiani britannici, Guardian in testa - è che la catena Starbucks abbia pagato (solo) 8,6 milioni di sterline di tasse dal '98 oggi su un fatturato complessivo di oltre tre miliardi. Il principale brand al mondo di caffetteria ora annovera 735 punti vendita (dislocati in tutte le grandi metropoli occidentali) divenendo ormai una catena veramente globale grazie all'intuizione dello storico amministratore delegato Howard Schultz che nel 1983 rimase colpito dalla straordinaria cultura italica del caffè e decisa di riprodurla negli Stati Uniti - con le ovvie modifiche soprattutto in termini di distribuzione (nota dolente, qui da noi) - per poi prendere piega ovunque.

GLI ULTIMI ANNI - Di più rincara il Guardian la catena americana negli ultimi tre anni non avrebbe versato neanche una sterlina all'erario inglese (non certo famelico) registrando a bilancio perdite a dir poco inusuali, soprattutto se i dirigenti del gruppo di stanza a Seattle abbiano più volte confermato agli investitori che il mercato britannico era "profittevole". Nel 2007 - ad esempio - il direttore generale, Martin Coles, aveva confermato agli analisti gli ottimi risultati dell'ultimo trimestre del gruppo. Profitti che facevano prevedere un'ulteriore espansione di Starbucks sul mercato britannico. Tesi condivisa dall'allora direttore finanziario Peter Bocian, che aveva assicurato margini di profitto del 15% (per un controvalore di 50 milioni di sterline) all'anno per la divisione del Regno Unito.

LA REPLICA - Ovviamente non si è fatta attendere la replica di Starbucks alle accuse di evasione provenienti da oltreoceano. Una nota del gruppo ha risposto piccatamente alle insinuazioni britanniche sostenendo che di aver sempre pagato e di voler continuare a pagare le imposte in accordo con le leggi vigenti nel Regno Unito. Affermando anche come Starbucks abbia sempre considerato «la necessità di un equilibrio tra la volontà di fare profitti e la coscienza sociale» di rispettare le leggi (e il contribuente onesto, aggiungiamo noi).

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