Depositate le motivazioni della sentenza: «Illegale fare profitti reclutando utenti, piuttosto che vendendo beni o servizi»
IL RECLUTAMENTO - La decisione della Cassazione rappresenta una conferma ed è il risultato del giudizio espresso una sentenza impugnata dagli imputati, colpevoli, secondo la legge italiana, di aver svolto pratiche «riconducibili alla categoria delle vendite piramidali e delle cosiddette catene di Sant'Antonio», già regolate dalla legge 173 del 2005. Nel caso in esame, si legge nelle motivazioni, la struttura creata dall'imputato rientra nella prima delle due categorie di condotte vietate, e rappresenta «la promozione e la realizzazione di attività e di strutture di vendita nelle quali l'incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura».
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