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12 set 2012

Taiwan, un isola casinò pro cinesi

Americano costruirà resort del gioco nelle belle e disabitate Matsu. Obiettivo, attrarre le decine di milioni di persone dal vicino "continente". E darà stipendio quinquennale agli abitanti

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Slot machine, roulette, blackjack e il lusso di un resort a cinque stelle, con spiagge dorate ed acque cristalline. Il nuovo paradiso per gli amanti del gioco d'azzardo potrebbe presto vedere la luce nel cuore di un remoto arcipelago davanti alle coste di Taiwan, noto più ai tempi della guerra fredda, per una sua postazione militare anti-Cina comunista usata come spot elettorale nella sfida presidenziale Usa tra Nixon e Kennedy nel 1960, che come hotspot turistico. Le isole Matsu, e in particolare Beigan,  hanno stregato un big dell'industria del gambling, l'americano Bill Weidner, che punta a farvi nascere il primo casinò di Taiwan. 

Il primo sì al progetto è arrivato con un referendum fra gli abitanti locali a luglio. E gli esperti del settore che vogliono espandere il business in Asia seguono con interesse, considerata la vicinanza alla Cina popolare e ad altri mercati chiave come Giappone e Corea. Ma soprattutto, a decine di milioni di cinesi facoltosi col pallino del gioco, cui non mancano certo i mezzi per tentare la sorte, che troverebbero così a pochi chilometri da casa  - visto permettendo - un'alternativa a Macao, l'unico posto in Cina dove è permesso il gioco d'azzardo, grazie all'autonomia che le proviene dal prolungato status di colonia portoghese, e alla stessa Singapore che a sua volta ha aperto le proprie porte di recente al gioco d'azzardo, avendo fiutato l'aria. 

In realtà anche a Taiwan è illegale, ma un emendamento del 2009 lo consente - nell'ambito di resort con casinò - sulle isole vicine alla costa. Ecco perché le Matsu, a mezz'ora di traghetto dalla popolosa provincia di Fujian, in Cina (tra questa e il limitrofo Zhejiang vivono 40 milioni di persone) per soddisfare gli appetiti degli appassionati di tavolo verdi e macchinette, potrebbero tentare la sfida alla ex colonia portoghese, che, come giro d'affari, 
ha superato perfino Las Vegas.  

Il progetto di Weidner, ex direttore del Las Vegas Sands, prevede alberghi di lusso, centri sportivi e sale congressi con un investimento di 2 miliardi di dollari. Ma a far propendere per il sì gli abitanti, che hanno dato il loro assenso con il referendum estivo, è stata la promessa di realizzare infrastrutture fra cui un ponte per collegare le due principali isole dell'arcipelago, l'ampliamento dell'aeroporto, un'università, oltre alla garanzia di uno "stipendio" mensile per ognuno dei settemila abitanti. "Stipendio" da oltre 2.000 euro, per 5 anni a partire dal momento in cui la struttura sarà aperta: sicuramente una bella somma, per un remoto arcipelago taiwanese.

La prescelta, per il nuovo resort, è la placida isola di Beigan, bellissima e poco sviluppata. Quanto di più lontano dalla sfilza di eccessi che animano lo "strip" della capitale storica del gioco, in Nevada. Non c'è neanche l'ombra di celebrity chef, boutique griffate, fontane ad intermittenza o finte tour Eiffel. Il progetto prevede che il casinò sorga su un promontorio verdeggiante che guarda la bellissima spiaggia, nell'ambito di un complesso in stile mediterraneo. Ma non tutti sono d'accordo: l'idea fa aggrottare le ciglia al fronte dei contrari, che temono rischi per l'ambiente e per la cultura locale, convinti che il gioco porti non solo turisti e soldi, ma anche droga e criminalità, cambiando così per sempre l'isola e snaturandone il carattere.

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